Prima della pioggia
di Claudia Rossi

Black Keys arrivederci? Forse addio: o sei fresco o sei fritto

PARLARE dell’ultimo disco dei The Black Keys? Perché no. Del resto certi flirt, seppure musicali, non si dimenticano senza un addio. L’album è uscito lo scorso aprile: vorrei fosse un arriverderci, ma rivederci dove? A sentirlo, viene una certa malinconia. I due sembrano bolliti. Avevano seguito i White Stripes in quella wave di sporco rhythm and blues/rock and roll che sembra pop e in certi momenti diventa massiva, quei momenti che arrivano a tutti e si chiamano “hit”. Brother, che li ha consacrati, è un gioiello. Derivativo per definizione, ma splendente nella sua immediata comprensione, moderno senza volerlo, colonna sonora perfetta per qualsiasi vita. Fresco. Con El Camino, il disco successivo, hanno fatto due hit mondiali (non poco). Poi basta.

Se non hai niente di nuovo da dire, punta su repertorio e live

Ora la faccenda si fa generale perché anche la storia del duo di Akron pare dimostrare una teoria che alcuni sostengono ed è pure la mia: o sei fresco, o sei fritto. Loro erano freschi 15 anni fa. In generale, c’è un momento in cui tutti, dalle superstar agli artisti medi a chi fa musica in cantina, deve smettere di mettere sul fuoco canzoni nuove. Dovrebbe essere proibito per legge tirare fuori quegli album che servono a trascinare i tour. Magari hanno ancora dentro qualcosa da dire o anche solo un gran mestiere, ma cambia l’ascolto e passa la novità. Finisci per fare concerti dove il nuovo è (troppo) meno atteso del passato, anche per il fanclub più ossessionato. Ti ripeti, spesso male, e ti rinnovi ancora peggio. Non vale per tutti, anzi ci sono casi eclatanti che mi smentiscono. Pero è troppo piu alta la percentuale di quelli che “se hai da dire lo dici subito o taci per sempre”. Perché nessuno fa pace con l’idea di vivere di repertorio e live? Uno dirà, se prendi il caso di Damon Albarn lui ha fatto cose bellissime dopo i Blur ed è vero, si parla di un fuoriclasse invecchiato con gusto, dignità, consapevolezza, talento. Ma prima di tutto e su tutto, rimane l’intro di Tender. Esiste la storia perfetta, in musica. E guarda caso è durata proprio dieci anni precisi. Non di più.

PARLARE dell’ultimo disco dei The Black Keys? Perché no. Del resto certi flirt, seppure musicali, non si dimenticano senza un addio. L’album è uscito lo scorso aprile: vorrei fosse un arriverderci, ma rivederci dove? A sentirlo, viene una certa malinconia. I due sembrano bolliti. Avevano seguito i White Stripes in quella wave di sporco rhythm […]

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