Spantheon
di RQuotidiano

Le cannoniere italiane in Colombia per difendere il truffatore

Nel luglio 1898, a Cartagena in Colombia gettano l’ancora quattro navi da guerra italiane. L’incrociatore Carlo Alberto e le fregate Bausan, Calabria e Umbria. Centoventicinque cannoni, 1378 uomini di equipaggio. Il governatore della città li accoglie come ospiti di riguardo e invita l’ammiraglio Camillo Candiani e i suoi sottoposti al ricevimento che festeggia l’indipendenza della Colombia. Si balla, lo champagne scorre generoso, gli ufficiali in uniforme di gala corteggiano le signore fino all’alba. Quando la musica tace, Candiani chiede un colloquio al governatore. Si appartano, il militare estrae di tasca un foglio e lo consegna al colombiano: è un ultimatum del Regno d’Italia. Se entro quattro giorni non cesseranno le azioni giudiziarie contro l’uomo d’affari italiano Ernesto Cerruti, e se non verrà pagata la somma di 20 mila sterline (altre 40 mila i colombiani le hanno già pagate) che Cerruti reclama come ultima tranche dell’indennizzo per i beni che ha perso, le navi italiane bombarderanno Cartagena.

Che storia è questa? È la storia di un torinese spregiudicato, Ernesto Cerruti, che a vent’anni combatte assieme a Garibaldi. Massone, nel 1869 emigra in Colombia. È console generale dell’Italia, incarico che manterrà fino al 1882. Dovrebbe pensare ai connazionali e mantenersi neutrale nelle violente contese che oppongono liberali e conservatori. Invece pensa a sé, si mette in affari con tre generali e sposa la figlia di uno di loro. È importatore Cerruti, gli avversari dicono contrabbandiere e truffatore. Per armare i suoi amici fa arrivare dagli Stati Uniti fucili e carabine Remington: dovrebbero costare 18,50 dollari l’uno, lui li rivende a 76,95 dollari. Lo scandalo è enorme. Altri affari che provocano manifestazioni di piazza contro Cerruti sono l’accaparramento del sale che arriva dal Perù e il monopolio sulle foreste di china dalle quali si ricava il prezioso chinino.

1898: navi italiane minacciano di bombardare Cartagena

Nel 1885 c’è il primo rovescio: i prezzi della china sono crollati e le società che ha creato assieme ai militari rischiano la bancarotta. In più c’è il suo coinvolgimento nella guerra civile. Inevitabile, quando la fazione a lui avversa prende il potere, che i suoi beni, tra i quali una fazenda di 6.250 ettari, vengano confiscati e che lui finisca in galera con l’accusa di sedizione e malversazione. Non ci resta molto. A soccorrerlo, inaugurando la politica delle cannoniere che verrà esibita con maggiore truculenza nel 1898, arriva l’incrociatore Flavio Gioia. Il copione è il solito: se non ci consegnate Cerruti, bombardiamo. Cerruti torna in patria senza un soldo. Ma il governo lo assiste, promuovendo arbitrati internazionali. Nel 1897 arriva il lodo americano: Cerruti va risarcito con 60 mila sterline, e la Colombia deve indennizzare i suoi creditori. Nel 1898, le quattro navi italiane riscuotono la somma residua. E in Colombia, che ha intanto rotto le relazioni diplomatiche con Roma, gli italiani godranno per decenni di pessima fama.

Nel luglio 1898, a Cartagena in Colombia gettano l’ancora quattro navi da guerra italiane. L’incrociatore Carlo Alberto e le fregate Bausan, Calabria e Umbria. Centoventicinque cannoni, 1378 uomini di equipaggio. Il governatore della città li accoglie come ospiti di riguardo e invita l’ammiraglio Camillo Candiani e i suoi sottoposti al ricevimento che festeggia l’indipendenza della […]

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