L’armonia del paesaggio italiano è nota in tutto il mondo ma è sempre più ridotta ad alcuni scorci da cartolina, sempre più assediati dalla cementificazione, da un’edilizia banale e offensiva, da infrastrutture invasive, svincoli, rotonde, segnaletica stradale trascurata, zone industriali, ruderi, rifiuti e sciatteria diffusi. Altro che il Bel Paese descritto da Antonio Stoppani nel 1876, un capolavoro della divulgazione scientifica nato proprio per avviare i cittadini ad apprezzare il territorio dove vivono.
A più di un secolo di distanza, il Bel Paese si è trasformato in un marketing ministeriale di panorami patinati, forse pure ritoccati, mentre la realtà è che il rapporto dell’italiano con i luoghi è volto all’utilitarismo più bieco. Te ne accorgi dalle strade: quando, dopo tante periferie, percorrono zone finalmente amene, non c’è un posto per fermare l’auto e scattare una foto. Quando finalmente trovi uno slargo c’è sempre una discarica abusiva, una vegetazione esuberante o una linea elettrica che toglie il guardo. Turisti stranieri cercano con difficoltà un “photo stop”, stupiti che agli italiani non importi nulla di una bella veduta sul loro territorio.
Italia abbandonata al marketing ministeriale. E anche i turisti non capiscono…
Dovrebbe essere scrupolo degli enti che fanno manutenzione alla viabilità creare questi punti panoramici, perché si tratta non solo di un’attenzione al turista, ma pure di una didattica della geografia, un invito a capire dove si vive osservando il paesaggio sul terreno e non solo sui dépliant pubblicitari. In Francia abbiamo i belvédère con tanto di table d’orientation in ceramica smaltata resistente alle intemperie, in Spagna, e pure in America latina i mirador, negli Usa i viewpoint. Qui da noi, da queste strade così prive di invito alla contemplazione, capisci che c’è dietro una società indifferente alla bellezza e alla scienza, attenta solo alla funzione minimale di collegamento del nastro d’asfalto, peraltro assai spesso sconnesso.
Agevolare le persone a guardare un panorama sembra un lusso che la pubblica amministrazione non si può permettere, l’importante è sfrecciare dal punto A al punto B. Anche questa è espressione della mancanza di una cultura diffusa, tanto nel dirigente quanto nel tecnico locale. L’Anas aveva una rete capillare di case cantoniere dall’inconfondibile tinteggiatura rosso pompeiano. Da quando la figura del cantoniere è scomparsa, subappaltata a una galassia di aziende tenute a fare il minimo contrattuale, questi edifici cadono in rovina e sono un biglietto da visita inequivocabile delle condizioni fatiscenti delle nostre istituzioni.
In Val di Susa per iniziativa della Fondazione Magnetto abbiamo provato a interagire con le alte burocrazie romane per poter abbattere – sostenendone anche le spese – alcuni di questi ruderi impresentabili a bordo strada, visti da centinaia di migliaia di turisti. Impossibile! Ai sensi di mille articoli di legge devono star lì e nessuno si prende la responsabilità di fare un’opera buona rimuovendoli o recuperandoli. Un’amministrazione caparbiamente impegnata a rovinare ambiente e paesaggio là dove basterebbe poco per migliorarlo.
L’armonia del paesaggio italiano è nota in tutto il mondo ma è sempre più ridotta ad alcuni scorci da cartolina, sempre più assediati dalla cementificazione, da un’edilizia banale e offensiva, da infrastrutture invasive, svincoli, rotonde, segnaletica stradale trascurata, zone industriali, ruderi, rifiuti e sciatteria diffusi. Altro che il Bel Paese descritto da Antonio Stoppani nel […]