Prima della pioggia
di Claudia Rossi

Da Netflix a Spotify, pure l’ossessione speed!

Tante serie, tanti podcast, poco tempo. Si potrebbe pensare che una scelta fatta con consapevolezza e criterio sia quella giusta: guardare e ascoltare meno cose, che valgano la pena o che siano più in linea con quello che ci piace per davvero. Il sospetto, però, è che sempre meno si abbia contezza di cosa ci piace per davvero. Così i giovani (soprattutto loro ma non solo) usano le funzioni di velocità regolabile messe a disposizione da Netflix (da 0.5x a 1.5x) o da Spotify (da 0.5x a 3.5x), sia per per guardare che per ascoltare. Il buon vecchio fast-forward dei cd o dei VHS prima utilizzato di tanto in tanto che “quella scena l’ho già vista molte volte” diventa quindi una modalità di fruizione. La faccenda piace alle piattaforme perché più tempo ci passiamo, più loro ci guadagnano. Ma perché mai dovrebbe piacere anche agli spettatori o ascoltatori?

Alcuni direbbero per passione: amano le serie o i podcast e se ne vogliono ingozzare (binge-watching), altri per via di quella che viene chiamata Fomo (“Fear Of Missing Out”, vale a dire “paura di perdersi qualcosa”). In ogni caso si usa lo speed-watching – “guardare veloce”, si può dire tutto in italiano, ma tocca scrivere anche il termine diffuso, non si sa mai che ci diano dei boomer in modo malevolo – e così si vedono sempre più cose. Pare che ascoltare in velocità diminuisca la possibilità di distrarsi e dia pure una certa vivacità al contenuto. Va be’. Viene anche da pensare che il rischio sia trasformare tutto in un dimenticabile rumore di fondo. Inutile dire che qualcosa si perde, poco o tanto dipende da noi. Manca il superbo potere dell’attesa. È il consumismo, bellezza? Una deriva pietosa di questa velocizzazione dei contenuti è quella musicale perché con l’uso dei brani su piattaforme tipo TikTok, accade che anche le canzoni vengano velocizzate e diffuse con edit diversi dall’originale. Ora, finché si tratta di uno scelto a caso nella marea di brani brutti che circolano oggi poco male, ma i ragazzi della Gen Z possono fidarsi: se una canzone è bella, lo è così com’è stata concepita. Che questo valga anche per una serie o un podcast?

Tante serie, tanti podcast, poco tempo. Si potrebbe pensare che una scelta fatta con consapevolezza e criterio sia quella giusta: guardare e ascoltare meno cose, che valgano la pena o che siano più in linea con quello che ci piace per davvero. Il sospetto, però, è che sempre meno si abbia contezza di cosa ci […]

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