L’odore dei soldi sparirà. Indefinibile, fatto di carta e inchiostro nuovi di pacca oppure di sporco e consunto, non conviene annusarlo. Ciò nonostante sappiamo qual è anche quando maneggiamo le banconote con vile distacco, perché noi ormai usiamo le app anche al bar. Con l’odore delle banconote sparirà anche quello del tabacco della pipa o del sigaro che il nonno assaporava seduto in poltrona. E persino quel senso di fresco del puro cotone delle canottiere d’infanzia. Per non parlare dell’odore dei libri e della carta di giornale. O della pelle vera, che quando è consumata è ancora più forte.
Perdere gli odori significa dimenticare una parte della nostra memoria individuale e collettiva. Lo ha capito l’Unione europea, che nel 2021-2023 ha destinato due milioni e 800 mila euro al progetto interdisciplinare Odeuropa. “Smell Heritage-Sensory Mining”, grazie all’intelligenza artificiale e a un algoritmo capace di cogliere fonti testuali e immagini precise anche nei dipinti, mette a sistema le informazioni sugli odori, dal 1600 al 1920, di archivi, biblioteche e musei internazionali che hanno digitalizzato le loro collezioni. Il network di specialisti coinvolti è multidisciplinare. Scienziati, letterati, artisti, designer, esperti di tecnologia hanno lavorato insieme da Olanda (capofila), Francia, Italia, Spagna, Germania, Regno Unito e Slovenia per creare un esempio virtuoso di ricostruzione del patrimonio olfattivo europeo. Ad aprirci le porte in questo regno dell’immateriale, sottovalutato ma emerso prepotentemente durante la pandemia, è Inger Leemans, professoressa ordinaria di storia culturale all’università Vrije di Amsterdam e ricercatrice del Nl-Lab del Knaw Humanities Cluster.
L’intelligenza artificiale ha messo a sistema tutte le informazioni (dipinti e testi) dei sentori dal 1660 al 1920
Quando la raggiungiamo al Rijksmuseum di Amsterdam vorremmo subito chiederle come si potrebbe ricostruire l’odore dei canali. Ma rimandiamo la domanda per osservare, nella sala in cui ci accoglie, i bambini che annusano cannella e mughetto, odore di pennelli a mollo, polvere impalpabile che si usava per profumare le sfarzose parrucche dei tempi di Re Sole. «Anche le immagini dei dipinti possono “odorare”, sapete?», spiega la responsabile educational Esmé Apeldoorn mentre estrae da una scatola antiche fragranze. «C’è anche l’odore dei canali?», chiediamo. «Certo», risponde. Ma quell’odore antico che fa schifare i ragazzini è composto anche da legno marcio, materiale poi sostituito da pietra, e da odori meno nobili dovuti alla mancanza all’epoca di un sistema fognario. Del resto, gli odori non sono mica tutti piacevoli. E qui non siamo alla sfilata di Balenciaga, che nel 2023 volle ricreare sulle passerelle l’odore di fango e terra bagnata.
IN FRANCIA ANCHE IL LETAME è TUTELATO
A proposito di realtà: in Francia, nel 2021, il Senato ha approvato una legge per tutelare gli odori e i rumori della campagna francese come patrimonio culturale specifico. Si va dall’odore del letame al verso del gallo fino ai campanacci delle mucche e al gracidio delle rane. Questa legge è stata promulgata anche per risolvere le frequenti dispute fra gente di campagna e gente di città che, specie durante la pandemia, si è trasferita in territori di evocazione bucolica. Belli da vedere ma, a viverci, è tutt’altra cosa.
Ci si chiede se l’odore del letame della campagna francese sia diverso da quello della Toscana, se le coq canti in modo differente dal gallo italiano, se la rana dei nostri stagni stia zitta. Soprattutto, ci si chiede se la cultura olfattiva europea sia una sola. «Il cuore del progetto», rivela Leemans, «è la condivisione. Odeuropa è un aggregatore culturale in cui più che il risultato conta il processo di ricerca messo a disposizione. È un percorso che si compone dell’apporto di tutti e in continua trasformazione, proprio perché immateriale». Torniamo all’odore dei canali. «È diverso da comunità a comunità, da singolo a singolo. Puoi provare a ricostruire una memoria olfattiva soltanto insieme. L’Europa è fatta di tante culture. Il nostro intento è documentare e preservare».
Odeuropa infatti nasce per sviluppare nuovi metodi per raccogliere informazioni sull’olfatto dalle collezioni del patrimonio culturale digitale esistente e fornire strumenti per condividerne la ricerca. Come? “Smell Explorer” è il primo database che può essere interrogato usando il senso dell’olfatto come chiave di ricerca. Un motore che permette di navigare in oltre trecento anni di storia dell’odore europeo. I dati sono stati estratti da circa 30 mila immagini e 62 mila testi storici in sei lingue (inglese, italiano, francese, olandese, tedesco e sloveno) da fonti europee di pubblico dominio.
“Encyclopedia of Smell History and Heritage” è uno strumento online che promuove la conoscenza del ruolo dei profumi e degli odori nel nostro patrimonio culturale e storico. “Olfactory Storytelling Toolkit” è una guida scaricabile per lavorare sugli odori nei musei e nelle istituzioni, usando l’olfatto come tecnica di narrazione. Infine, “Odeuropa Heritage Smell Library” è la rappresentazione olfattiva dei profumi considerati significativi per specifiche culture europee. Gli odori possono essere ricostruiti utilizzando molecole sintetiche, olii essenziali, altri materiali come la cera d’api. Per esempio, la geosmina è un composto sintetico che conferisce sentori di terra bagnata, fungo, muffa; per ricreare l’effetto erba tagliata, si ricorre al cis-3-esanolo, che in natura si trova anche nel tè.
Si ricreano gli aromi che per esempio ambientano una tela: così la vedi meglio
In Italia alcune esibizioni con annessi percorsi olfattivi sono state realizzate alla Pinacoteca di Brera di Milano e nei musei dell’Emilia-Romagna. Da poco una mostra sui pittori preraffaelliti (fino al 26 gennaio) ha aperto i battenti a Birmingham: si può annusare il dolce profumo di prati freschi e umidi dopo il temporale del quadro The Blind Girl di John Everett Millais, realizzato nel 1854-56. Molti anni prima, però, Caro Verbeek, curatrice del Kunstmuseum Den Haag e assistente di storia sensoriale alla Vrije di Amsterdam, una delle anime di Odeuropa Olanda, cominciava il suo lavoro di ricerca per la ricostruzione degli odori di diverse opere, in solitaria.
IL PROFUMO DEL SEICENTO? OGGI NON ANDREBBE
Per il Rijksmuseum, nel progetto Odeuropa, grazie alla sua ricerca sono stati ricostruiti gli odori del quadro The Battle of Waterloo (1824) di Jan Willem Pienemam. Acqua di colonia di Napoleone (con note di agrumi, rosmarino, lavanda e timo), polvere da sparo, fango, sudore di cavalli impauriti. Come si cattura il sudore di un cavallo che ha paura? Lo ha fatto Iff-Global Creative Center, azienda leader partner di Odeuropa, grazie a una nuova tecnologia chiamata “Livings Technology”. «In questo caso la ricostruzione è basata sulle fonti a disposizione», sottolinea Verbeek, «non è precisa come quella del Pomander». Il Pomander o Pomo d’Ambra era il ciondolo che gli aristocratici dell’epoca, convinti che i profumi scacciassero le malattie, immergevano in un intingolo profumato appendendolo al collo o alla cintura.
Il prezioso compare nel dipinto Portrait of Brechtje Overrijn van Schoterbosch di Cornelis van der Voort (1614) e in molte altre opere in tutta Europa. Esiste la ricetta. Sa di muschio, di rosa, di cannella, di chiodi di garofano. E anche di zibetto, anticamente estratto dalle ghiandole animali ed essenziale come base per trattenere gli altri odori, un ingrediente fondamentale della profumeria. È piacevole all’olfatto? Francamente, non lo potremo indossare oggi. Troppo distante dall’abito-profumo di Marilyn Monroe. Più adatto, invece, il profumo di Cleopatra del quadro The Dying Cleopatra (la Cleopatra morente attribuita a Jan van Scorel e datata 1520-1524), emerso dagli studi dell’egittologa Dora Goldsmith, dove si riconosce l’odore della mirra.
IL NASO È DEMOCRATICO
Nel libro Sul naso (Il Saggiatore), Verbeek racconta la storia umana attraverso questo elemento fisico. Nessuno sa, racconta, come fosse in realtà il naso di Cleopatra. Intanto, della regina egizia ci restano le informazioni sul profumo. La studiosa ha fatto ricostruire anche l’odore dell’imbalsamazione di Guglielmo I d’Orange, figura chiave per la storia dei Paesi Bassi (assassinato nel 1584), e quello delle sostanze utilizzate per rallentare la decomposizione dei corpi di reali e pontefici esposti per settimane alla vista di sudditi e fedeli. Anche la regina Elisabetta II ne ha beneficiato?
L’odore arriva immediato. Permette anche ai non vedenti di “vedere”. «Questo è un processo molto democratico, che rende le opere tangibili», spiega ancora Leemans, «è l’incontro fra memoria individuale e collettiva di fronte all’opera storica».
La mattina dopo raggiungiamo la sede della Royal Netherlands Academy of Arts and Sciences (Knaw) dove ci aspetta Marieke Van Erp, un dottorato in Language Technology. Si è occupata di cercare le fonti testuali e di immagine per Odeuropa, con il supporto in Italia di Sara Tonelli e del suo team per la Fondazione Bruno Kessler di Trento. Ci spiegherà come hanno fatto a rendere intelligente l’Intelligenza artificiale per far in modo che riconosca specifiche immagini nei quadri: fiori, animali, insetti, cibo. Mentre percorriamo con Inger Leemans il quartiere a luci rosse dove i netturbini stanno raccogliendo pile di spazzatura, bottiglie e condom, ci viene da fare una domanda stupida: potrebbe l’odore far parte del cinema hard? «Non è irrealistico», risponde Leemans, «il cinema si sta già preparando. E anche il teatro».
AL CINEMA CON L’ODORAMA
Ci parla del progetto americano “Smell-O-Vision”, un sistema creato da Hans Laube nel 1960 che prevedeva emissione di odori durante la proiezione dei film. Concetti simili si riscontrano fin dal 1868 per il teatro dal vivo, con il primo utilizzo cinematografico nel 1906. Altri esperimenti includono “Smell-O-Rama” della General Electric nel 1953 e “AromaRama” nel 1959. Negli anni Ottanta “Odorama” scratch’n’sniff (graffia e annusa) ha fatto il resto. Tutti questi tentativi, però, fino a oggi non hanno garantito i risultati sperati. «Gli odori non si possono accumulare uno dopo l’altro in una sala», specifica Leemans mentre passiamo davanti a un negozio stravagante: The scent of Amsterdam. Si vendono profumi, anche online, ispirati alla città: il tocco dei tulipani, la cannabis Euforia. Lo slogan: siete pronti a portarvi a casa l’essenza della città in una bottiglia? Sorridiamo: è davvero troppo cheap.
Luci rosse, spazzatura e condom: e se nei film hard anche il naso avesse la sua parte?
Alla Knaw, Marieke Van Erp mostra mappe semantiche: «È stato sviluppato un programma che con un algoritmo pesca le parole chiave da due milioni e mezzo di fonti sugli odori: testi letterari, libri scientifici e religiosi, manuali di cura della casa». Fa un esempio pratico con la parola “porto di Genova”. Escono 63.283 risultati.
A Hilversum, sede di Iff, colosso mondiale del settore dei profumi, alimenti, bevande, cura della casa e della persona, sembra di essere in un paesaggio da fiaba: casette in fila con alberelli addobbati per Halloween, giardini con nani ridenti. Nel palazzo tecnologico alcuni laboratori assomigliano a installazioni d’arte contemporanea. Come la doppia fila di wc in teche trasparenti dove si testano i profumi creati, oppure gli ammorbidenti a seconda dei cicli di lavaggio delle lavatrici dei Paesi di destinazione. Per alcune culture è pulito se profuma. Anche l’acqua fa la differenza. Ma che c’entra con Odeuropa?
SI POTREBBE SENTIRE DE ANDRè
Gli odori perduti sono stati ricostruiti da Iff in un lavoro di alta profumeria senza fini commerciali. Birgitt Sijbrands, esperta profumiera che sulla sua scrivania ha decine di campioni, è molto concentrata. Bernardo Fleming, scent designer e direttore creativo del progetto, è loquace. Ci spiega che la ricerca sugli odori per la catena di produzione delle grandi multinazionali si basa su studi precisi, tendenze della società catturate da dati demografici, economici, preferenze di consumo, stili di vita. «Negli ultimi anni è emersa prepotente l’esigenza di vivere esperienze multisensoriali. I giovani sentono il bisogno di recuperare altri sensi oltre la vista, come il tatto e l’olfatto», racconta. «Le nuove generazioni rispondono a differenti stimoli sensoriali in contemporanea, desiderano vivere la cultura in modalità immersiva». E hanno nostalgia del passato. Per il fenomeno Fleming ha coniato il termine newstalgia.
Analizziamo l’“Historical scent collection” realizzata per Odeuropa. “Hell” (Inferno) è l’odore ricreato per il quadro Anastasi/Cristo nel limbo di Martin Schaffner (1549), esposto al Museo tedesco di Ulma. Il Cristo si trova di fronte a una creatura demoniaca che sputa fuoco. Suggerisce che l’odore dell’inferno abbia note fumose, odori di putrefazione e fecali. Ancora una domanda: si potrebbe ricreare l’odore dei vicoli di Genova? In aereo ascoltavamo Crêuza de mä di De Andrè. Abbiamo recuperato fonti da Albert Camus e da testimonianze dirette: frittura di pesce, trippe, salsedine, spezie, basilico e vespasiani. Bernardo Fleming è molto attento: «Affascinante, ma sappiate che sarebbe interpretativo come quello dei canali». Arrivederci Faber, la tua musica “gonfia di odori” un giorno la potremo anche annusare.
L’odore dei soldi sparirà. Indefinibile, fatto di carta e inchiostro nuovi di pacca oppure di sporco e consunto, non conviene annusarlo. Ciò nonostante sappiamo qual è anche quando maneggiamo le banconote con vile distacco, perché noi ormai usiamo le app anche al bar. Con l’odore delle banconote sparirà anche quello del tabacco della pipa o […]