Dentro l’urne elettorali e in libreria, i neocon racimolano consensi, ma se all’estero parlano i vivi, in Italia si dà voce ai morti. Di un secolo fa. Dentro l’urne e all’ombra de’ cipressi, meglio: siamo un Paese di nostalgici e vecchie canaglie. Mentre in Francia e nel Regno Unito i titoli più venduti sono “Mémoricide” del cattolico Philippe de Villiers e la biografia “scatenata” (“Unleashed”) dell’ex premier tory Boris Johnson, nel Belpaese che fu – eccome “ei fu” – spopolano Bruno Vespa con “Hitler e Mussolini”, Antonio Scurati con “M. 4” (non un’utilitaria, ma il romanzo “L’ora del destino”) e la minaccia di un “M. 5”, Stefano Massini con “Mein Kampf” e una pletora di gialli ambientati in epoca littoria. Il ritorno del fascismo è acclarato. Almeno nell’editoria nostrana, di anziani e per anziani: un parco-lettori vetusto e striminzito, a fronte di un’offerta altrettanto vetusta e striminzita. Che come succulenta novità propina le lingue “morte” spacciandole per “geniali”: “pura vida”.
Intanto in America il primo romanzo scritto da una Intelligenza artificiale è uscito quasi due anni fa; ormai si discute se e come rendere esplicito il contributo delle macchine alla stesura di un testo, nei regolamenti dei premi letterari, per esempio. Persino i temi di genere e di etnia sono dati per scontati da lustri, e ci si interroga sul come (approcciare questi contenuti per evitare discriminazioni, appropriazione culturale…) non sul cosa. In Italia, invece, a scrivere di gender c’è Michela Murgia. Ma è morta.
Dentro l’urne elettorali e in libreria, i neocon racimolano consensi, ma se all’estero parlano i vivi, in Italia si dà voce ai morti. Di un secolo fa. Dentro l’urne e all’ombra de’ cipressi, meglio: siamo un Paese di nostalgici e vecchie canaglie. Mentre in Francia e nel Regno Unito i titoli più venduti sono “Mémoricide” […]