Pensiero: perché l’uomo uccide? “Uccide per mangiare. E non solo per il cibo: spesso ci deve essere anche qualcosa da bere”. È la riflessione di Woody Allen, in veste d’umorista. Non c’è bisogno di scomodare il detto del padre nobile del scuola materialista, Ludwig Fuerbach, per riscoprire il valore dell’alimentazione nell’esperienza umana. Ogni pensiero nasce dallo stomaco: “Il principio dell’esistenza è la nutrizione: la nutrizione è dunque il principio della sapienza. Perché tu introduca qualcosa nella tua testa e nel tuo cuore, prima occorre che tu abbia messo qualcosa nello stomaco”.
Dal tormentone di Feuerbach a quello del Michele Apicella di Palombella rossa il passo è breve. Se è vero che “chi parla male, pensa male e vive male”, è possibile forse individuare una catena di responsabilità. Un copioso filone di studi dimostra che i cibi iper-processati e il junk food producono una pesante ricaduta non solo su salute e aspettative di vita, ma anche sulle capacità cognitive, specie tra i più giovani. Un’alimentazione “sbagliata” si riverbera negativamente sulla capacità di elaborazione concettuale: chi mangia male rischia più degli altri di pensare e dunque vivere male.
Purtroppo è ancora terreno inesplorato di ricerca quanto la presa crescente di teorie cospirazioniste e anti-scientifiche, da QAnon fino ai no-vax e ai terrapiattisti, si debba al declino intellettivo indotto dal parallelo espandersi di pessime abitudini alimentari. Come scienziato politico, non escluderei neppure un nesso tra l’adesione fideistica al movimento trumpista Maga e l’assunzione continuativa di cibo spazzatura.
Il capitalismo è in grado di generare fame e obesità. E chi mangia male…
A chi giova tutto questo? Come prevedibile, c’è chi accumula profitti grazie alla violazione criminale di leggi che tutelano la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari. I food crimes comprendono una vasta gamma di frodi, truffe e adulterazioni che investono tutti gli anelli della catena alimentare, fin dal mangime degli animali. Un business talmente lucroso da attirare gli interessi delle mafie: nell’inchiesta Provvidenza del 2017 due eccellenze del made in Italy – la ’ndrangheta e l’olio extravergine – si sono fuse armoniosamente nel momento in cui la cosca Piromalli ha avviato negli Stati Uniti il commercio di olio di sansa sotto falsa e più pregiata etichetta.
Ma c’è di molto peggio. La radice ultima dei devastanti danni sociali, sanitari, ambientali prodotti dal junk food risiede nella cosiddetta corporate greed della grandi società multinazionali del settore. Le loro lobby da decenni vanno a braccetto coi governanti di turno, plasmando leggi e regolazione pubblica a vantaggio dei propri budget aziendali. E nulla ingrassa quei bilanci più della conversione di cibi malsani in abitudini (o dipendenze) alimentari. Uno dei paradossi del capitalismo globalizzato è così la capacità di generare nel contempo obesità e fame, a seconda di dove l’avidità sregolata delle corporation decida di orientare produzione e sbocchi di mercato.
Pensiero: perché l’uomo uccide? “Uccide per mangiare. E non solo per il cibo: spesso ci deve essere anche qualcosa da bere”. È la riflessione di Woody Allen, in veste d’umorista. Non c’è bisogno di scomodare il detto del padre nobile del scuola materialista, Ludwig Fuerbach, per riscoprire il valore dell’alimentazione nell’esperienza umana. Ogni pensiero nasce […]