La guerra dei mondi
di Antonio Padellaro

Ritorno alla terra, le scelte dei giovani

Racconta Furio Colombo che quando Adriano Olivetti gli chiese di selezionare un certo numero di operai per la sorgente fabbrica di Ivrea si raccomandò di sondare con cura le motivazioni di chi si presentava al colloquio. Persone attratte da una paga sicura ma che una volta assunte avrebbero potuto sentirsi sradicate dal loro mondo, dalla cultura contadina, dai vigneti delle vicine Langhe. Se dopo più di mezzo secolo si assiste, spesso, al percorso inverso, dalle fabbriche alla terra, non è detto che le motivazioni di questo ritorno al passato, che sa di futuro, siano esclusivamente legate al business o agli algoritmi elaborati nei grattacieli di qualche multinazionale.

Il fatto che spesso siano i più giovani a voler dire di nuovo vino al vino non deriva prima di tutto da una loro scelta di vita? Dall’impulso a immergersi in una dimensione lontana dall’alienazione delle tante occupazioni aride e prive di creatività? Perché non apprezzare che le nuove generazioni tornino ad ascoltare quel richiamo profondo sepolto nelle terre tanto curate e amate dai loro padri e dai loro nonni?

Quando nel settembre scorso sono stato ospite della famiglia Felluga nella splendida Abbazia di Rosazzo, nel cuore del Friuli più inebriante, mi è stato raccontato di un viaggio affascinante inciso nella carta geografica disegnata da Livio, artefice di una delle più prestigiose aziende vinicole che esporta in oltre 80 paesi. Un’antica mappa della zona collinare del Friuli nel segno di un profondo legame con la storia del territorio, riprodotta in etichetta dal 1956. Appresi che in tempi non remoti nelle vallate confinanti si era sviluppato il cosiddetto distretto delle seggiole, uno dei più apprezzati al mondo e che nel tempo aveva conquistato ampie quote di mercato. Poi, anche per effetto della offensiva della concorrenza globalizzata quella fusione tra industria e artigianato era andata declinando. Con un abbandono della fabbrica e un ritorno progressivo alla coltivazione dell’uva più pregiata, attraverso una riscoperta del bello e del buono.

Via dalle città, le nuove generazioni riscoprono il bello e il buono di cui siamo capaci

Una fusione di virtù, connaturata con l’unicità del nostro paese, a cui Elda Felluga e la sua famiglia hanno consacrato la cultura della cura del territorio legato all’arte, insieme all’Associazione Vigne Museum. Installazioni all’interno dei vigneti progettate dall’architetto Jona Friedman e dall’artista Jean-Baptiste Decavéle. La mostra “Messaggi di pace” con opere di Pablo Atchugarry negli spazi millenari della Chiesa abbaziale di Rosazzo. Nell’ambito della rassegna “Arte per credere”, a cadenza biennale promossa dalla Fondazione. Con al centro “I colloqui dell’Abbazia”, rassegna di autori dove ho presentato il mio libro: Solo la verità, lo giuro. Sì, il buono e il bello declinati all’interno della più incredibile, e unica al mondo, concentrazione di beni paesaggistici, artistici e monumentali. Meraviglie di uno scrigno che dovrebbero essere offerte a chi le cerca con la cura e la sapienza che meritano. Non certo destinate al consumo mordi e fuggi di un turismo troppo spesso inconsapevole e disorientato. Ma questo è un altro discorso.

Racconta Furio Colombo che quando Adriano Olivetti gli chiese di selezionare un certo numero di operai per la sorgente fabbrica di Ivrea si raccomandò di sondare con cura le motivazioni di chi si presentava al colloquio. Persone attratte da una paga sicura ma che una volta assunte avrebbero potuto sentirsi sradicate dal loro mondo, dalla […]

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