Vlad the drac: Il dracula originale
storie

Vlad the drac: Il dracula originale

Signore di Valacchia di metà '400, impalatore seriale e classista: i travi per i poveri cristi erano cosparsi di grasso, argento per i mercanti, oro per i diplomatici. Ora è simbolo dei neoxenofobi

di Roberto Casalini

Governanti malvagi nella storia universale dell’infamia: l’elenco è sterminato. A chi vogliamo assegnare la palma dell’efferatezza? C’è da perdersi. La letteratura li ha quasi sempre trasformati in mostri. Accadde a Nerone grazie a Tacito che militava nel partito senatorio a lui nemico, a Riccardo III grazie a Shakespeare che attinse, per descriverlo deforme subdolo e spietato, a Tommaso Moro ex cancelliere messo a morte (da Enrico VIII, altra buona lana) per non avere accettato lo scisma inglese da Roma. Mostri, certo, ma mostri politici.

Una fama simile, con atrocità tali da fare impallidire i predecessori, toccò in sorte all’uomo che ispirò il Dracula di Bram Stoker (1898), un personaggio storico vero e senza alcun tratto vampiresco. Crudele e guerriero quanto la sua epoca richiedeva. Efferato più del necessario, feroce fino al delirio, come un Erode o un Nerone al quadrato e al cubo, per calcolo di propaganda politica. Il mostro venne creato dalla pubblicistica ungaro-tedesca del tardo ’400 e del ’500, una ventina di pamphlet a forte tinta orrorifica, incoraggiati dal re d’Ungheria Mattia Corvino (1443-1490) e dagli Asburgo che avevano mire espansionistiche sulla regione, e trasmigrò con tutte le sue raccapriccianti caratteristiche nel folklore.

Il personaggio era Vlad III di Valacchia (1431-1476), voevoda del principato danubiano che, assieme alla Moldavia, andò a costituire nell’Ottocento l’attuale Romania. Già allora “i Balcani erano molto balcanici” (citazione, lo dice Marilyn Monroe in Il principe e la ballerina): in balia dell’instabilità, dei rovesciamenti di fronte, dei tradimenti, delle deposizioni e degli odi etnico-territoriali.

Vlad III, per esempio, nel corso di una vita abbastanza breve, fu sovrano in tre riprese, alleato più o meno forzato e nemico, di volta in volta, degli ungheresi e degli ottomani. Agli ottomani fu costretto a lasciare in ostaggio due figli e, con un coraggio assai vicino all’incoscienza, cercò di sopraffarli e di ucciderne il sultano, benché il suo esercito fosse clamorosamente inferiore al loro, in una battaglia rimasta celebre, l’“Assalto Notturno”, dove i valacchi uccisero 15 mila turchi. Degli ungheresi fu prigioniero per oltre un decennio. Oltre a loro, dovette affrontare dinastie rivali, rivolte di boiardi che represse a suon di stragi, principati confinanti alternamente alleati e ostili.

Il voevoda, del quale rimane un ritratto sontuoso e crudele, affrontò amici e nemici forte di due soprannomi, uno dinastico (“dracul”, vale a dire drago, probabile derivazione da “drac”, cioè demonio) e uno conquistato sul campo (“tepest”, l’impalatore), grazie al suo supplizio preferito. Con spietata equanimità, il proto-Dracula faceva impalare nemici, boiardi ribelli, mercanti sassoni, ladri, ambasciatori scortesi (ma a due diplomatici turchi, che non si erano levati il turbante davanti a lui, lo fece inchiodare sulla testa), ladri e adultere. Vlad III aveva un forte senso della gerarchia sociale: palo di legno spalmato di grasso per i common people, cosparso d’argento per i mercanti, d’oro per il corpo diplomatico. E amava banchettare tra i suppliziati. 
I cortigiani deboli di stomaco, se osavano protestare, erano puniti: “A volte pranzava sotto i cadaveri delle persone morte, che, impalati in gran quantità, circondavano il suo tavolo; egli quindi tra loro mangiava e ne traeva piacere. Un suo servitore, che davanti a lui porgeva il cibo, non poté sopportare il fetore e, tappatosi il naso, voltò la testa dall’altra parte. Egli allora gli chiese: ‘Perché fai così?’. Il servo rispose: ‘Signore, non posso sopportare questo fetore’. Drakula allora ordinò che venisse impalato, dicendo: ‘Là tu sarai in alto, il fetore non potrà raggiungerti’”.

Questo episodio, assieme ad altri diciotto delle sue gesta, è raccolto in un testo russo di fine ’400 (Il racconto su Drakula voevoda, in Italia lo ha pubblicato Sellerio), a lui più favorevole di quanto non fossero i pamphlet germanici. Vlad III viene presentato, né più né meno, come un principe severo ma giusto. Il terrore come instrumentum regni, a giustificare altrettali crudeltà correnti in Moscovia (Ivan IV il Terribile era dietro l’angolo). E il terrore come instrumentum fidei, in secoli in cui la religione giustificava l’assolutismo più crudele e una sottile disputa teologica era l’occasione per bagni di sangue e conflitti decennali.

E infatti, da parte del monaco Efrosin che firma la cronaca russa, l’accusa più veemente a Vlad non è quella di avere torturato e messo a morte centinaia di nemici e sudditi ma, durante la prigionia ungherese, di essersi convertito: “Il re gli mandò a dire in prigione che se avesse voluto essere voevoda… come prima, allora avrebbe dovuto abbracciare il credo cattolico, altrimenti sarebbe morto in prigione. Drakula allora preferì le gioie del mondo effimero a quelle del mondo eterno e infinito, e tradì l’ortodossia e si allontanò dalla verità, e lasciò la luce e precipitò nelle tenebre. Ahimè, non poté sopportare le pene provvisorie della carcerazione e si preparò alle pene eterne, e lasciò la nostra fede ortodossa e abbracciò il peccato cattolico”.

Mostro o peccatore, Vlad III nell’Ottocento diventa eroe nazionale: il difensore della patria e della cristianità. Fama che conserva anche sotto la dittatura comunista: Nicolae Ceausescu si fa costruire la residenza estiva nel lago di Snagov, dove sorgeva il monastero che si diceva ospitasse i resti del voevoda, ucciso in battaglia e decapitato dai turchi (un’altra tomba apocrifa di Vlad III si trova a Santa Maria la Nova in quel di Napoli). E oggi? Busti dell’impalatore si trovano a Bucarest, dove gli hanno dedicato anche un parco a tema, e a Sighisoara dove nacque. Diventato attrazione per i turisti, Vlad-Drakula trova adoratori entusiasti nelle file dell’estrema destra: lo ha scelto come suo simbolo la xenofoba Alleanza per l’Unione dei Romeni, 26 deputati e 12 senatori, il cui leader George Simion, in un comizio, ha fatto salire sul palco un attore vestito come l’antico voevoda, che impugnava una spada. Di plastica, che oltraggio: Drakula lo avrebbe fatto impalare.

Governanti malvagi nella storia universale dell’infamia: l’elenco è sterminato. A chi vogliamo assegnare la palma dell’efferatezza? C’è da perdersi. La letteratura li ha quasi sempre trasformati in mostri. Accadde a Nerone grazie a Tacito che militava nel partito senatorio a lui nemico, a Riccardo III grazie a Shakespeare che attinse, per descriverlo deforme subdolo e […]

Abbonati a Millennium

Esplora tutti gli articoli senza limiti

Offerta più popolare
Digitale
40€ / anno
(risparmi 0€)
Abbonati ora
Offerta più popolare
Cartaceo + Digitale
69,99€ / anno
(12 numeri)
Abbonati ora
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Precedente
Successivo

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.