Una volta c’erano le chiacchiere da bar, ora è tempo di pettegolezzi dal dentista: “Un libro sopravvalutato? Mi viene da dire la Bibbia. Ma forse è un po’ blasfemo”, s’è lasciata scappare fuori dai denti l’ex odontoiatra Donatella Di Pietrantonio, en passant scrittrice e Premio Strega in carica. Più che “blasfemo”, il suo pare un giudizio bizzarro, se non errato, considerato l’attuale repechage del “grande romanzo della Bibbia”, come recita il titolo più venduto del 2024, e in appena quattro mesi di distribuzione: Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo, in compagnia invero di una pletora di saggi e saggetti su Abramo e Mosè, Gesù e l’Apocalisse; da Massimo Recalcati col “desiderio” cristiano al Messia “antisemita” di Michel Onfray, dalle “prove scientifiche” della Creazione agli stand up comedian che si scoprono diversamente credenti e alle “nuove inedite” traduzioni di Genesi & C.
Sopravvalutata o no, piaccia o no, la Bibbia non è comunque passata di moda: pure in quel mosciume d’arte chiamata drammatica – il teatro – proliferano spettacoli sul Testamento, Antico o Nuovo che sia, e anche qui il registro varia dal comico (Laura Tanfani, per esempio) al serioso (Gabriele Vacis, altro esempio). Al succitato Cazzullo, in recita con Moni Ovadia. Dopotutto, persino William Shakespeare s’è concesso il lusso di saccheggiare quel mappazzone di bibliche dimensioni, citandolo oltre mille volte. “Ma forse”, pure lui, è “un po’ sopravvalutato”. “Blasfemo” di sicuro.