La struttura narrativa ha avuto sempre bisogno del “villain”, il cattivo della storia, contraltare del protagonista. Ma, come scrive l’Università Cattolica, il “villain” sempre più, ormai, “coincide con l’eroe stesso”. È quello che sta accadendo nella politica occidentale.
L’emblema di questa rappresentazione è Donald Trump che della “cattiveria” ha fatto un valore aggiunto, come dimostra il raccapricciante video su Gaza. L’approccio sembra farsi egemone se è vero che ormai colpisce e conquista anche leader importanti della sinistra che hanno deciso di adottare il “cattivismo” come modo per arginare l’emorragia di consensi e tenere a bada i propri elettorati.
Si prenda il caso del premier inglese e leader laburista, Keir Starmer, che sul tema dei migranti ha voluto imprimere una svolta di immagine alla propria leadership. “I progressisti liberali sono stati troppo rilassati nel non ascoltare le persone sull’impatto dell’immigrazione” ha detto recentemente in una riunione del suo gabinetto riportata dal Sunday Times. Un approccio più trumpiano che progressista e che si è riversato in una novità di immagine e di comunicazione: la decisione del governo di pubblicare, e dare risalto, ai video dei voli di rimpatrio. Così per la prima volta si sono viste le immagini dei migranti scortati dalla polizia e salire sugli aerei in partenza per i voli di rimpatrio, in una scena di “deportazione”. Immagini contestuali a quelle rese note dall’amministrazione americana.
Come se non bastasse la ministra dell’Interno, Yvette Cooper, ha annunciato di voler partecipare personalmente ai raid della polizia contro gli immigrati illegali, una scena che finora è stata allestita, a uso dei media, dalla segretaria alla Sicurezza interna dell’Amministrazione Trump, Kristi Noem, famosa per essersi vantata di aver ucciso personalmente il proprio cane. Il cattivismo in potenza.
Un approccio analogo sta assumendo un altro esponente europeo del progressismo, il primo ministro polacco Donald Tusk, beniamino dell’establishment europeo come argine al conservatorismo del PiS, il partito che ha buoni rapporti con Giorgia Meloni. Anche lui si è distinto nei giorni scorsi per un approccio determinato, al limite del cinismo, sull’immigrazione dichiarando che “la Polonia non attuerà il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, perché aumenterà il numero dei migranti nel Paese” Lo scorso ottobre, poi, Tusk ha annunciato l’intenzione di sospendere temporaneamente il diritto di asilo per i migranti provenienti dal confine con la Bielorussia. Ma è soprattutto sulla politica estera e militare che il leader polacco ha deciso di incarnare il profilo dello “sceriffo”, invocando un aumento costante della spesa militare – la Polonia ha raggiunto il 3,5% del proprio Pil in termini di spese per armamenti, ben al di sopra del 2% invocato dai paesi Nato – e chiedendo sempre una risposta determinata nei confronti di quanto accade in Ucraina.
Il posizionamento di leader del centrosinistra risente ovviamente di una storia moderata della sinistra internazionale, che può essere fatta risalire a Tony Blair, e che si è sempre manifestata nella conversione alle politiche neoliberiste. Oggi, di fronte al tema delle migrazioni e alle pressioni crescenti che vengono dagli elettorati occidentali – sempre più invecchiati – quel realismo politico si mescola a un cinismo di cui, per certi versi, l’Italia è stata capostipite quando il nostro Marco Minniti, ministro degli Interni del governo Gentiloni, ha favorito il Memorandum Italia-Libia che di fatto ha appaltato a quel paese la gestione del fenomeno migratorio facendo finta di non vedere che quella gestione sarebbe passata per un uso criminale di apparati dello Stato. Il caso del generale Almasri, che ha messo in luce come i rapporti controversi con la Libia continuino a prescindere dal colore dei governi, è stato generato da quel tipo di accordi.
Il cattivismo sembra così insinuarsi anche a sinistra e sempre sul terreno dei migranti ha macchiato anche il curriculum delle forze più radicali come la Bws di Sahra Wagenknecht in Germania – estromessa dal Parlamento alle elezioni del 23 febbraio – che oltre a prendere una posizione netta sulla guerra in Ucraina, tanto ricevere l’accusa di filoputinismo, ha cercato di costruire una posizione anomala nei confronti dei migranti. Ha così proposto il taglio dei sussidi ai richiedenti asilo, poi si è distinta, dopo la caduta di Assad in Siria, per invitare i rifugiati di quel paese in Germania – che erano affluiti numerosi dopo le “porte aperte” spalancata da Angela Merkel nel 2015 – a “tornarsene a casa” e infine sostenendo la mozione della destra dell’AfD, e appoggiata anche dal nuovo cancelliere Friedrich Merz, sull’immigrazione.
L’insuccesso della Bsw alle recenti elezioni politiche dice che probabilmente questo cinismo di sinistra non paga nelle urne perché l’elettorato progressista ha un’idea ben precisa in termini di accoglienza e umanitarismo e non gradisce scimmiottare il classico “villain” di destra o populista. Ma questo non significa che l’atteggiamento di durezza venga dismesso dai leader della sinistra che intendono sfidare la destra con le sue stesse armi.
Ma a sinistra c’è anche un altro tipo di “villain”: non quello cosciente e determinato a contendere l’elettorato alla destra, ma il “cattivo” creato ad arte, il leader “demonizzato” dal contesto mediatico e politico. Come Jean-Luc Melenchon in Francia le cui posizioni nette sulla Palestina, la condanna del massacro di Gaza a opera di Israele, gli sono valse l’accusa di antisemitismo mossagli da tutta la stampa nazionale, da tutto l’arco parlamentare nonché dalle comunità ebraiche. Melenchon non per questo ha modificato le proprie posizioni contribuendo a quel processo di “diabolisation” che negli ultimi decenni era stato riservato solo a Marine Le Pen e che invece ora tocca la sinistra.
Era capitato in Gran Bretagna anche a Jeremy Corbyn, sommerso da un attacco multilaterale e costante che lo ha portato a dover lasciare la segreteria del Labour, ma che si è rivelato basato su calunnie e diffamazioni (l’attivista Asa Winstanley ha scritto un libro How the Israel Lobby Brought Down Jeremy Corbyn). Il cattivo immaginario, insomma, utilizzato in questo caso non per vincere, ma per far perdere l’avversario. A modo suo, una forma originale di cattivismo.