Il governo Gentiloni vuole imporre all’Italia la libera concorrenza a colpi di voti di fiducia. Ma il disegno di legge concorrenza che va in aula al Senato sta spaccando lo stesso Pd. Il relatore Salvatore Tomaselli vuole che il testo torni in Commissione. Gli scissionisti di Articolo 1-Mdp, guidati in questa vicenda da Pier Luigi Bersani, stanno contrattando il loro voto di fiducia chiedendo concessioni al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che sta scrivendo il maxi-emendamento per il voto di fiducia.
Non si capirebbe tanta agitazione senza guardare ai contenuti della legge, e in particolare a quello più discutibile: in nome di una febbre liberalizzatrice si vogliono prendere 24 milioni di piccoli consumatori di elettricità fino a oggi serviti dalla tariffa base detta “di maggior tutela” e scaraventarli nel mercato libero, in balia di 400 rivenditori di elettricità che si contendono a colpi di imbrogli e bugie i clienti da spennare facendo pagare loro l’elettricità più di prima.
Quando è stato liberalizzato il mercato elettrico è stato istituito l’Acquirente Unico, ente pubblico che compra l’elettricità all’ingrosso per le famiglie e le imprese che non hanno scelto un nuovo fornitore in regime libero ma si sono tenute il vecchio. In pratica lo Stato ha costituito un gigantesco gruppo d’acquisto con 24 milioni di partecipanti che riesce a spuntare il prezzo più basso. I 12 milioni di utenti che hanno ceduto alle asfissianti telefonate dei call center che ti promettono mirabolanti risparmi pagano l’elettricità il 20 per cento in più, secondo dati dell’Autorità per l’energia contestati dagli uomini di Calenda.
Comprensibile che solo un terzo dei consumatori italiani abbia scelto il libero mercato. Meno comprensibile la ragione per cui il governo ha deciso una polpottiana liberalizzazione forzata: dal 1 luglio 2018 finisce il regime di maggior tutela e i 24 milioni di renitenti alla concorrenza, se non avranno scelto un nuovo fornitore entro quella data, verranno consegnati in massa a un unico fornitore che praticherà tariffe così alte da rieducarlo al culto del libero mercato. È scritto nel testo su cui Calenda vuole mettere la fiducia: “A condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero”.
Per Gianni Girotto e Gianluca Castaldi, senatori M5S, “l’eliminazione del mercato elettrico tutelato avrà il solo effetto di far impennare il costo della bolletta per milioni di famiglie e imprese”. Ma lo stesso Bersani, insospettabile in quanto padre della liberalizzazione elettrica, ha denunciato pochi giorni fa che si sta puntando “a superare l’acquirente unico in una forma che crea un’ottima occasione per qualche azienda e un rischio serio per i piccoli consumatori”. Si noti di passaggio che secondo dati dell’Autorità per l’Energia un italiano normodotato impiegherebbe circa 6 ore a capire che cosa c’è scritto nella sua bolletta elettrica, e quindi dovrebbe prendere qualche giorno di ferie per studiare la convenienza di un passaggio che nel migliore dei casi (secondo il governo) gli consentirebbe un risparmio del 5-10 per cento sulla bolletta.
Le aziende che guardano alla “ottima occasione” sono Sorgenia e Edison, le uniche società grosse a non avere una propria rete di distribuzione. La prima, oggi presieduta dal renziano Chicco Testa, per un soffio mancato ministro dello Sviluppo economico quando fu poi preferito Calenda, è quanto resta dell’avventura elettrica della famiglia De Benedetti. Schiacciata sotto la mole di 2 miliardi di euro di debiti, la società è stata abbandonata al suo destino dai De Benedetti ed è finita tra le braccia delle banche creditrici, capitanate dal Monte dei Paschi esposto per oltre 600 milioni. In pratica la liberalizzazione forzata di Calenda potrebbe aiutare il risanamento di Mps a spese di qualche milione di famiglie.
La Edison è controllata da Edf, il monopolista francese dell’elettricità. Insieme a Sorgenia puntano a fare man bassa delle aste con cui il governo affiderebbe pacchetti di milioni di clienti al miglior offerente. Ma sui dettagli non si sa niente perché la legge su cui si vorrebbe votare la fiducia rimanda a un non meglio precisato decreto ministeriale con le regole per il passaggio dalla maggior tutela alla tutela zero. Dicono i maligni che questo regalo alla Edf, cioè al governo francese, varrebbe come risarcimento ai francesi per l’emendamento anti-Bolloré vivacemente chiesto da Silvio Berlusconi in vista delle trattative sulla legge elettorale. Ma è una lettura troppo complottista. Per criticare la legge concorrenza basti notare che rende meno contendibili le società quotate in Borsa.