Oggi parliamo del Terzo Uomo. Non del film con Orson Welles e neppure del terzo incomodo negli intrighi sentimentali. Ma di colui/colei che potrebbe togliere le castagne dal fuoco alla strana coppia Luigi Di Maio-Matteo Salvini, nel caso si arrivasse a un governo tra il M5S e il centrodestra (meglio senza Silvio Berlusconi). Vero è che il capo dei Cinque Stelle ha già proclamato: “Io a Palazzo Chigi o non se ne fa nulla”.
Tuttavia il leader leghista avrebbe confidato ad alcuni parlamentari: “Il governo non sarà guidato né da me né da Di Maio. Fidatevi, finirà così” (La Stampa). Noi che ormai ci fidiamo ciecamente dell’uomo che ha messo nel sacco l’ex Caimano, subito abbiamo avidamente compulsato le gazzette alla ricerca di un’impronta, di una traccia, di un segno che lasciasse intravedere il profilo adatto. Tana! Pagina 6 del Corriere della Sera: “Spunta la carta Frattini per un governo di ‘tregua’”. Segue densa biografia del due volte ministro degli Esteri di Berlusconi “vicino al Cavaliere ma che ha tenuto buoni rapporti con la Lega”, eccetera. Mah. Noi lo ricordavamo soprattutto per la serena vacanza alle Maldive mentre la guerra civile in Georgia metteva sottosopra la Farnesina. E per aver firmato una geniale legge sul conflitto d’interessi, studiata per risultare inapplicabile a uno solo: il suo datore di lavoro. Per carità Frattini si presenta bene (sugli sci) ma non sarà per caso un cicinino berlusconiano? Lui comunque rinfresca l’abbronzatura e virilmente veglia: “Chi serve le istituzioni viene chiamato, non si propone”. Parole sante.
Ed ecco il Giornale: “Un premier Mister X tra Salvini e Di Maio. E si fa largo Cottarelli”. Purtroppo qualche riga sotto leggiamo che l’inascoltato (da Matteo Renzi) Carlo, commissario alla spending review considera l’ipotesi di “farsi largo” come premier “mister x” abbastanza “campata in aria” (per non dire una cagata pazzesca). Anche se non disdegna una poltrona “da ministro economico” (quando sentono parlare di tagli alla spesa pubblica Di Maio e soci godono come ricci). Tra i bene (o i male) informati girano altri nomi pesanti. Quello di Elisabetta Belloni, segretario generale degli Esteri (grande visibilità nei convegni Cinque Stelle, stimata dalla Lega, donna il che non guasta). Potrebbe fare da garante in Europa ai due vincitori populisti che l’Europa osserva con giustificata prevenzione.
Salgono le quotazioni di Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat, assai apprezzato nel MoVimento perché fautore del reddito d’inclusione (parente povero del reddito di cittadinanza, ma sempre meglio di niente). E soprattutto per gli studi sul Bes (benessere ecosostenibile), sorta di crescita felice molto popolare tra i populisti (da non equivocare con apro un bar sulla spiaggia ai Caraibi e vi saluto). Detto che un altro illustre premier “di tregua” potrebbe essere Giovanni Maria Flick, già Guardasigilli con Prodi e presidente della Consulta (nome fatto dal Foglio e ciò non aiuta). E che la mia personale scelta cadrebbe su Milena Gabanelli (nel 2013 candidata alle Quirinarie pentastellate, sull’immigrazione autrice di proposte di buon senso che Salvini dovrebbe apprezzare), vengo in ultimo al vero scopo di questo scritto. Un breve prontuario per candidarsi a Terzo Uomo tra Di Maio e Salvini.
Max cinquantenni (visto il nuovo format generazionale), aspetto ben conservato, capelli tinti non sconsigliati, gradito abbigliamento stile cresima a Pomigliano d’Arco. Bene accette le interviste nelle quali si teorizza che flat tax e reddito di cittadinanza sono compatibili, anzi di più. Hobby e Passioni: running, sport populista trasversale (non sbilanciarsi sui troppo divisivi caccia e cucina carnivora). Progetti per il futuro: evitare di girare con la scorta inseguito da folle di grillini ululanti (copyright Travaglio).