Confesso subito: possiedo sia un iPhone che un MacBook e rinunciarvi sarebbe difficile. Eppure noi clienti Apple dovremmo cominciare a farci un esame di coscienza. E spiegare a Tim Cook che un po’ ci vergogniamo di portare in tasca questi prodotti che magari non grondano sangue come certi diamanti di una volta, ma trasudano scandali fiscali.
I Paradise Papers rivelati dal consorzio di giornalismo investigativo ICIJ sono l’ultimo tassello. Da anni Apple accumula all’estero una quantità enorme di denaro liquido, è arrivata a 252 miliardi di dollari. Non rimpatria quei soldi negli Usa perché così riesce a evitare di pagare miliardi di tasse. Nel 2016 la Commissione europea ha stabilito che Apple deve dare al governo dell’Irlanda, la principale base fiscale fuori dagli Usa dell’azienda, ben 13 miliardi di tasse non versate grazie ad accordi preferenziali che Bruxelles considera illegittimi. Apple ha fatto ricorso e così pure il governo irlandese che quei soldi proprio non li vuole, accettarli farebbe crollare un modello di sviluppo basato sul diventare la base dell’elusione delle multinazionali.
Grazie ai Paradise Papers si scopre che appena lo schema irlandese è stato criticato dal Congresso Usa nel 2013, subito Apple ha evoluto le sue tattiche fiscali triangolando l’Irlanda con le isole Jersey. Tutto legale, certo, si pagano parcelle milionarie a studi legali internazionali proprio per aggirare il fisco senza finire in galera. Ma secondo l’Ocse i Paesi industrializzati perdono 240 miliardi di gettito ogni anno per colpa di questi trucchi. E la Apple ha abbastanza liquidità da diventare uno dei più grossi investitori mondiali sui mercati finanziari. La lotta ai paradisi fiscali procede lentamente, i governi sono impotenti senza un forte supporto delle loro opinioni pubbliche.
La Apple pagherà le tasse solo se noi consumatori la costringeremo a farlo. Con il ricatto: o paghi le tasse o non avrai più utili da nascondere in Irlanda perché noi smetteremo di comprare i tuoi prodotti. Lo so che è dura la vita con Windows o Android. Ma non vedo grandi alternative.