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Marco Travaglio

Caro Roberto…

Di Marco Travaglio

Direttore del Fatto Quotidiano

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Caro Roberto, anzitutto riporto qui la mia frase che ha originato la tua lettera: “Caro Roberto Saviano, chi governa merita certamente le critiche più feroci. Ma prima dev’essere chiaro a tutti quali ‘ministri (e governi) della malavita’ hanno infestato l’Italia fino a quattro mesi fa”. È la coda di uno degli articoli che ho dedicato alla sentenza della Corte d’Assise di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Una sentenza che ti consiglio di leggere, da esperto appassionato di mafie come sei. Tu mi domandi che cosa volevo dirti fra le righe. Forse che è sempre colpa del Pd? O che “dovremmo accettare le parole e le azioni di Salvini perché quelli che c’erano prima erano peggio”?

No, volevo dirti semplicemente quello che ti ho scritto: le critiche a questo governo quando sbaglia, come a tutti i governi quando sbagliano, sono doverose. Ma, in tema di mafie, a questo governo nato due mesi scarsi fa non si può (ancora?) rimproverare nulla. Perciò non ho capito la tua definizione di Salvini “ministro della malavita”. E non perché io nutra simpatie per Salvini: il quale, prima di provarci con te, ha querelato per ben 7 volte me e il Fatto, uscendo sempre sconfitto (te lo dico perché hai ottime speranze di vincere anche tu).

Bensì perché sono anch’io preoccupato per le sue sparate razziste, le sue politiche xenofobe e i suoi rapporti con Putin, ma ancor più per la folla plaudente e tracimante che si assiepa sotto il suo balcone (o la sua ruspa). E temo che le tue denunce su quei temi escano non rafforzate, ma indebolite dall’attribuirgli condotte o relazioni malavitose. Ci sarà tempo per analizzare la portata delle elezioni del 4 marzo che, grazie anche all’aventinismo folle e suicida del Pd, hanno partorito questo governo Frankenstein tra due forze molto diverse, capaci di produrre contemporaneamente misure “di sinistra” come il dl Dignità e “di destra” come quelle sui migranti.

Non penso certo a un partito buono e a uno cattivo, ma a due esperienze molto variegate che sarebbe sbagliato schiacciare in un unico giudizio monolitico, liquidatorio e definitivo. Lo stesso vale per quell’Ufo di Giuseppe Conte, oggetto misterioso ancora tutto da scoprire (perché non provi a incontrarlo anche tu? Io qualche curiosità me la sono levata). Sulle politiche migratorie siamo in dissenso dall’anno scorso, quando io, diversamente da te, condivisi molte scelte di Minniti: per esempio, il Codice di condotta per le Ong e una politica più attiva per stabilizzare la Libia. Una linea proseguita ora da Conte e Moavero, anche con piccoli passo in avanti con l’Ue e con alcuni partner comunitari, e sporcata dalle vergognose sparate di Salvini sulle “crociere” e la “pacchia” dei migranti.

Come tu noti nella tua lettera, non abbiamo smesso un solo giorno di indagare sulle magagne e le disumanità della cosiddetta “Libia”, ancora poco più che un’espressione geografica, ma al contempo di augurarci che: prima o poi diventi uno Stato degno di questo nome; ci aiuti a combattere il vero nemico cioè le organizzazioni criminali del traffico di esseri umani (di cui l’antimafia ufficiale parla malvolentieri); sottoscriva e poi rispetti la convenzione di Ginevra; si doti di una Guardia costiera in grado di salvare vite umane, di porti sicuri in cui rimpatriare gl’irregolari e di strutture di accoglienza e smistamento dei profughi controllate da Onu e Ue.

Questo nostro sforzo di affrontare in termini complessi una questione complessa presta il fianco a entrambi gli opposti estremismi: quello di chi pensa di risolvere il problema indossando una maglietta rossa e urlando “porti aperti a tutti per sempre” (e non mi riferisco a te e a tutti gli aderenti alla campagna di don Ciotti, ma solo a chi l’ha trasformata in défilé senza argomentare); e quello di chi, specularmente, liquida la faccenda indossando una felpa verde o blu strillando “negher foera dai ball” o blaterando di “aiutarli a casa loro” (slogan caro anche a Renzi).

Certo, è molto più comodo intrupparsi in una delle due tifoserie, ma è anche molto più inutile: i problemi si affrontano proponendo soluzioni, non lanciando slogan per esorcizzarli.
Infine: lo so anch’io che la Lega non è il nuovo, e non solo perché è il partito più antico su piazza; e che i 5Stelle già manifestano molti vizi del “vecchio”. Ma è indubbio che il voto degli italiani, il 4 marzo, abbia spazzato via un sistema di potere consociativo che aveva retto l’Italia per 24 anni e che affonda le sue radici proprio nella trattativa bipartisan Stato-mafia. Che storicamente fu avviata sotto il vecchio centrosinistra (governi Amato e Ciampi) e chiusa dal Berlusconi I, ma poi proseguita con una serie sciagurata di norme bipartisan che hanno smantellato il meglio dell’antimafia. Infatti solo ora che i vecchi centrodestra e centrosinistra sono out si intravede qualche spiraglio di luce su quella stagione nera, lasciata al buio da quel sistema per un quarto di secolo.

Merito di Salvini o dei 5Stelle? No, colpa di chi c’era prima. Che va sempre ricordato, perché ci aiuta a comprendere quel che accade oggi.