Da mesi, con fastidiosa frequenza, ci suonano nelle orecchie la fanfara antifascista per verificare se scattiamo sull’attenti con sufficiente celerità. È tutta una richiesta di precisazioni, chiarimenti, dissociazioni, battutine irridenti. Chi scrive ha deciso di non rispondere a obiezioni carenti di rilevanza, provocatorie, partorite da menti deboli, avanzate con il ditino alzato sui social. Questa volta faremo un’eccezione. E ricorderemo – soprattutto ai compagni del Pd, i quali faticano a perdonarci la battaglia sul referendum, combattuta in nome della Costituzione antifascista – che su queste colonne negli ultimi nove anni (da che esiste questo giornale e dunque questa rubrica) ci siamo sempre espressi contro ogni forma di dittatura della maggioranza, in favore delle garanzie, a tutela delle minoranze. E che – forse a differenza di molti che si esibiscono cinguettando – abbiamo letto per benino la Carta del ’48.
I fatti. Sul sito del Fatto il professor Sergio Noto, storico dell’Economia e appassionato di musica, ha scritto un post sul suo blog in cui, nell’ambito di un ampio discorso sulla salute delle istituzioni culturali in Italia, afferma: “Quando in futuro qualcuno scriverà una storia del ruolo culturale delle classi dirigenti italiane tra la fine del XX e gli inizi del XXI secolo, sarà chiaro che questa classe dirigente, tutta questa classe dirigente (per essere chiari almeno da Fisichella a Bonisoli) ha fatto per la cultura, la musica, l’arte e il teatro meno, molto meno, del Duce, che pure in quanto a democrazia non era certo un maestro. Pochi soldi e spesi malissimo”.
La cosa non è sfuggita all’occhio dell’assessore alla cultura del Comune di Milano, Filippo del Corno, che sulla sua pagina Facebook ha messo in fila una serie di terribili episodi di minacce, intimidazioni e violenze del Duce nei confronti di esponenti della musica italiana, a cominciare da Arturo Toscanini. Episodi che non intendiamo mettere in discussione. Il professor Noto, però, si limita a notare come in quegli anni si sia investito nelle politiche culturali, mentre oggi la situazione delle istituzioni teatrali, liriche e via dicendo è ai minimi storici (domenica lo sciopero dei lavoratori della Fondazione Arena di Verona ha fatto saltare la prima della Bohème al Teatro Filarmonico). “Posso capire che il Fatto Quotidiano avveleni i pozzi del dibattito pubblico con vignette sessiste e con proclami giustizialisti (rigorosamente a corrente alternata): fa parte della sacrosanta libertà d’espressione delle democrazie. Trovo tuttavia il fatto che anche questa testata partecipi all’alterazione della storia francamente offensivo per l’intelligenza, sia di chi legge che di chi vi scrive”, conclude allarmato Del Corno.
Stimatissimo assessore, non si preoccupi troppo delle nostre intelligenze: non cadremo nella trappola di chi si attacca a quello che non è stato detto, evitando di commentare quello che invece è stato scritto. E non staremo nemmeno al gioco di quelli che, riprendendo il post di Del Corno muniti di trombone, chiedono ai giornalisti del giornale di dissociarsi. Chiunque sappia leggere può serenamente constatare che Noto non fa alcuna apologia del fascismo, ma un semplice discorso sulla Storia. Purtroppo il livello del dibattito pubblico è sconsolante in quanto a miseria e superficialità: la libertà di pensiero è, con Arbasino, ridotta a libertà di pensierino.
Ps. Per tutti quelli a cui non esibiremo su richiesta il certificato di sana e robusta Costituzione: non restateci male. È solo che, cari amici del salottiero antifa, avete veramente rotto il ca. L’antifascismo ridotto a bandierina da sventolare sui social svuota di significato quello che ha nutrito l’Italia repubblicana. Di cui andiamo immensamente orgogliosi.