Pablo Iglesias, come sta Podemos? Non sembra attraversare la sua fase migliore.
Abbiamo commesso un errore, in particolare nell’ultimo periodo segnato dalla vicenda catalana, lasciando che l’agenda sociale sparisse dalla scena mediatica. Nonostante questo, ora ci danno in risalita, siamo al 19%, a due punti dal risultato delle scorse elezioni. Questo è un paese con 4 partiti politici che possono vincere le elezioni e noi siamo impegnati a vincerle.
È in difficoltà Rajoy?
Il PP sta vivendo uno dei suoi momenti più difficili, resiste perché Ciudadanos e il Psoe glielo permettono. I socialisti dovrebbero presentare una mozione di sfiducia, noi l’appoggeremmo, disponibili a negoziare un governo. I numeri ci sono, Esquerra Republicana e il Partit Demócrata hanno già detto che la sosterrebbero senza chiedere nulla in cambio, solo per cacciare Rajoy dal governo.
Perché ci guadagna più Ciudadanos che il PP con il tema catalano?
Per due processi simultanei che si stanno verificando: da un lato quello di una svolta reazionaria in Spagna che Ciudadanos interpreta meglio senza patire il logorio della corruzione e della responsabilità di governo, aprendo un’inedita competizione a destra, ove Ciudadanos rappresenta a volte la nuova estrema destra. C’è poi una dimensione specificatamente catalana: il fatto che il partito politico più votato in Catalogna sia una forza apertamente anti-catalanista. E questo significa che esiste un nazionalismo spagnolo in Catalogna. A noi sembra che sia indispensabile cambiare le domande e renderle più trasversali: quando la gente vota pensando agli sfratti, alla sanità, alla scuola, possiamo vincere le elezioni e cambiare le cose.
Avete proposto una riforma della legge elettorale.
La stiamo negoziando con Ciudadanos, la proporremo a tutti i gruppi, sperando che almeno il Psoe la sostenga. Suggeriamo una cosa molto semplice: cambiare la formula dal D’Hondt al Sainte- Laguë (ovvero due metodi matematici per l’attribuzione proporzionale dei seggi, ndr), perché così avremo un Congresso con una maggior corrispondenza tra voto e rappresentanza. Questo non solo è più giusto, ma corrisponde alla nuova fase politica, in cui non ci saranno più maggioranze assolute, ma governi di coalizione. E abbiamo bisogno di un sistema elettorale che rappresenti meglio la volontà degli elettori e favorisca l’accordo tra partiti. Poi proponiamo le liste-cremagliera per assicurare almeno la metà dei parlamentari donne. E che si possa votare a 16 anni.
I leader indipendentisti restano in carcere per la loro ideologia, sono prigionieri politici?
Credo di esser stato il primo a sostenerlo, già a settembre dissi: non voglio che ci siano prigionieri politici nel mio paese. Siamo coscienti che in Catalogna c’è un conflitto politico che dovrebbe risolversi politicamente. Detto questo, ci sembra un errore la strategia della unilateralità del procés indipendentista: quella strategia ha prodotto una situazione di eccezione generando uno scenario che ha facilitato una svolta reazionaria, danneggiando sia la Spagna che la Catalogna.
C’è separazione di poteri in Spagna?
Siamo in una situazione di eccezionalità democratica in cui governa un partito sta mettendo in dubbio la separazione di poteri. E nel frattempo si giudicano e condannano rapper per i testi delle canzoni, e persone comuni per i loro tweet.
Che pensa di Rivera ricevuto da Renzi?
Credo che sia una dichiarazione di principio di Renzi, in Spagna sta con Ciudadanos. Rivera è sempre alla ricerca di referenti che proiettino quello che lui non è capace di essere, ha provato anche ad avvicinarsi a Macron.
Che opinione ha del M5S?
È un movimento difficile da qualificare. Ci hanno paragonati a loro, forse ciò che è simile è il momento politico di eccezionalità e di rifiuto nei confronti delle élite politiche in Italia e in Spagna. Ma, mentre nel nostro modo di governare e fare politica c’è una certa coerenza, mi sembra che in quello del M5S si mescolino elementi di cultura politica diversi. Le sue esperienze di governo municipale, per quanto ne so, non sono andate molto bene, a differenza delle nostre. Bisogna vedere l’esito delle elezioni di marzo e se il M5S sarà o no parte di una soluzione di governo.
E della sinistra italiana?
Sono molto preoccupato, l’Italia per me è stata una scuola, è un paese con una cultura di sinistra che continua a proiettarsi nel mondo come un riferimento. Ma vedo con tristezza che la sinistra con cui potrei identificarmi non è in condizioni di combattere per vincere le elezioni. Ho amici che fanno politica in LeU, altri nel Pap (Potere al popolo) e a entrambi auguro un buon risultato.
C’è un populismo buono e un populismo cattivo?
Il populismo non serve a descrivere un movimento, né uno stile politico. Descrive dei momenti, situazioni in cui il modo di fare politica cambia. È una parola che definisce i momenti di eccezionalità politica in cui appaiono le espressioni della rottura. E queste espressioni possono essere a volte terribili come Trump, o ambigue come il M5S, o chiaramente progressiste come Podemos o la France Insoumise.