Nella tarantella del proporzionale il partito più vicino è il vero avversario da battere mentre il nemico più lontano, in fondo, non è poi così nemico. Proviamo a spiegarci con il ruolo elettorale svolto dai fascisti di Casapound e di Forza Nuova, ma con una premessa. Nel Pd, dopo i fatti di Macerata tutti a stracciarsi le vesti, da Graziano Delrio a Marco Minniti, perché “la democrazia è in pericolo”. Per carità, anche a noi fanno senso le teste rapate che inneggiano al fascioleghista che spara sulla gente di colore per poi essere acclamato quando finisce in cella (tutto si tiene) dai detenuti di Ancona.
Prima del piagnisteo, però, la sinistra dovrebbe interrogarsi sul fattivo contributo fornito al risorgere dell’onda nera grazie: 1) al discredito gettato per anni a palate sulla democrazia dei partiti 2) all’abbandono al loro destino delle periferie per meglio alloggiarsi nei più confortevoli centri storici 3) alla gestione troppo spesso insensata del binomio immigrazione-accoglienza. Questi ministri così giustamente allarmati dovrebbero anche rileggere qualche istruttiva cronaca degli anni 80 quando il Movimento Sociale, diretta emanazione della Repubblica di Salò, arrivò a sfiorare il 10 per cento dei voti mentre la ripugnante competizione tra terrorismo nero e rosso seminava di cadaveri le strade.
Detto che ne abbiamo viste di peggio, è abbastanza intuitivo che il fascismo del Terzo millennio, nelle sue molteplici sembianze, oggi potrebbe togliere soprattutto voti alla Lega. Tant’è che Matteo Salvini un accordo elettorale con Casapound lo aveva anche stretto, poi saltato nel 2016 a causa del successivo patto con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. Con l’equazione più voti al fascio meno alla Lega ad averne il maggior vantaggio sarebbe, nella competizione a destra, l’uomo di Arcore. Che nel caso Forza Italia prendesse quel voto in più del Carroccio che gli consentisse eventualmente di designare il premier, riconoscente dovrebbe donare un bel cadeau ai camerati dello sparatore Traini.
Come si dice, non tutto il nero vien per nuocere. Sempre per il sistema dei vasi comunicanti non sfugge poi che alla caduta nei sondaggi dei Democratici corrisponda un incremento della lista +Europa di Emma Bonino. Voti in libera uscita dal Pd ma che intendono comunque restare nel centrosinistra. Coalizione voluta fortemente da Matteo Renzi che, tuttavia, il 5 marzo potrebbe fare i conti con le pretese di uno scomodo cespuglio che si crede albero. Nella sinistra-sinistra non va meglio a Liberi e Uguali che, dopo aver sottratto al Pd un 3% di voti almeno, è alle prese con gli agguerriti compagni di Potere al Popolo. Visto che entrambi i simboli pescano nello stesso serbatoio “antagonista” la soluzione politicamente più sensata sarebbe stata la presentazione di una lista unica. Giammai, altrimenti che razza di fratelli coltelli sarebbero?
In queste elezioni, dunque, niente (o molto poco) è come sembra. Tranne forse per i Cinque Stelle che i voti provano a perderli anziché incrementarli. Per esempio con la storia del programma copiato da Wikipedia e Legambiente o quando Alessandro Di Battista sostiene che gli italiani sono “un po’ rincoglioniti” suscitando vive simpatie nell’elettorato.
Ma loro, come sempre, fanno tutto da soli.