L’intervista

Intervista a Davigo: “Né partiti né governi amici. Csm, basta con vicepresidenti politici. E Salvini non può fare il pm”

Piercamillo Davigo - “Basta con i vicepresidenti legati ai partiti. Bene lo stop alle leggi su carceri e intercettazioni e al Codice appalti”

13 Luglio 2018

Piercamillo Davigo, un magistrato su tre ha votato per lei nel collegio Cassazione: sono diventati tutti giustizialisti?

Non credo. Spero sia perché molti colleghi condividono le cose che dico sulla giustizia. Soprattutto sul dovere di rispettare le regole, fuori e dentro la magistratura.

Oggi in magistratura non si rispettano le regole?

Il Csm uscente le ha violate o aggirate molte volte, con nomine e promozioni talora scandalose, clientelari, ‘a pacchetto’, che hanno scosso la fiducia di molti di noi. Così interpreto i voti che ho preso reclamando che la prima regola è il rispetto delle regole.

Però il suo gruppo Autonomia e Indipendenza, a parte lei e il pm Sebastiano Ardita, non ha eletto nessuno della giudicante: lì hanno stravinto MI e Unicost.

Colpa mia, ho sottostimato il quorum necessario, che si è alzato grazie alla grande affluenza alle urne. E due bravi colleghi sono rimasti fuori per una manciata di voti. Se ne avessimo candidato uno solo, nel nuovo Csm saremmo in tre. Ma siamo appena nati, andrà meglio la prossima volta.

Il deputato pd Emanuele Fiano dice che il suo successo al Csm fa il paio con quello dei 5Stelle il 4 marzo.

E perché parla solo della mia elezione, e non anche di quella mancata dei nostri due candidati della giudicante? Io non ho né partiti né governi amici: io applico la legge a tutti, non faccio valutazioni politiche e trovo ridicolo che se ne facciano su di me. Per noi giudici, vale il detto di Mao: non conta il colore del gatto, ma che il gatto prenda i topi.

La débâcle della sinistra di Area, dipende dal collateralismo con gli ultimi governi che hanno maltrattato i magistrati senza grandi reazioni di Anm e Csm?

Può essere. Ma ha influito soprattutto il ricorso a pratiche clientelari e consociative che i colleghi di Area avevano sempre aborrito, dicendosi ‘diversi’. L’‘elasticità’, per usare un eufemismo, di certe nomine e la tendenza ad applicare le regole agli avversari e a ‘interpretarle’ per gli amici non gli ha giovato. Il clientelismo, non paga mai: come dice un collega, quando fra 5 candidati devi sceglierne uno, ti fai nemici gli altri 4. Salvo che applichi regole trasparenti affinché gli esclusi non si sentano vittime di soprusi.

Eppure il clientelismo di MI, con la propaganda del suo ex leader Cosimo Ferri, ora deputato del Pd, è stato addirittura premiato.

Evidentemente non si avverte a sufficienza il disvalore di questi interventi a gamba tesa di magistrati che ora fanno politica. Per noi di AeI il magistrato non deve fare politica mai, ma se la fa deve avere dei severissimi limiti se vuole rientrare. La cosa stupefacente è che io in MI ci sono stato per 35 anni e lo statuto del gruppo ritiene intollerabile fare politica. Tant’è che il padre di Cosimo Ferri, Enrico, quando passò dal vertice di MI al Parlamento, fu sottoposto a procedimento disciplinare dal gruppo e se ne dimise. Invece quando il figlio Cosimo divenne sottosegretario di Letta, poi di Renzi e Gentiloni, ebbe molti applausi sulle mailing list. Cos’è cambiato? Le condotte di MI, non certo i miei valori: io penso sempre le stesse cose.

Va cambiata la legge elettorale del Csm?

Certo. Questa fu introdotta per spezzare le correnti, e invece le ha rafforzate. Con tre collegi unici nazionali, è impossibile fare campagna elettorale senz’avere una struttura alle spalle. Meglio tanti collegi uninominali, dove possa essere eletto anche uno bravo e conosciuto, ma senza correnti dietro.

Lei combatte le correnti, ma ne ha fondata una…

Per forza, sennò in questo sistema non puoi far sentire la tua voce, senza un’organizzazione.

Cosa farà nel nuovo Csm?

Anzitutto mi batterò per un vicepresidente non direttamente coinvolto in politica. Poi per la trasparenza e tracciabilità delle nomine: tutte le pratiche devono essere consultabili su Intranet. Chi vuol dirigere una procura o un tribunale non può invocare la privacy. E se presenta un curriculum troppo ottimistico, sa che il collega della stanza accanto lo leggerà e potrà smentirlo, così magari si trattiene dall’incensarsi troppo. E poi, se tutto è consultabile, si possono comparare le varie promozioni: ottimo antidoto ai due pesi e due misure.

Altre battaglie?

Nel Csm uscente, per la prima volta, i membri laici decidevano tutti insieme all’unanimità, a prescindere da maggioranza e opposizione, ed erano così il gruppo più forte. Ecco perché l’ultimo Consiglio ha ignorato le indicazioni dell’Anm sui limiti alle toghe che tornano dalla politica, molte addirittura premiate con corsie preferenziali.

Recepirete le linee guida del Csm sui limiti alle comunicazioni delle toghe?

Spero proprio di no. Quelle dei pm sono già disciplinate dalla legge: nessuno può parlare delle indagini in corso tranne il procuratore o un suo delegato. Per quelle dei giudici, bastano e avanzano l’articolo 21 della Costituzione e il codice etico dell’Anm. Chi vuole imbavagliarci contro il ‘protagonismo’ esca dall’ipocrisia. Se un pm abusa delle sue funzioni per farsi pubblicità, commette illecito disciplinare, se non penale. Ma se il problema sono i pm che si imbattono in imputati noti e finiscono sui giornali, non c’è nessun protagonismo. E chi lo evoca vuole intimidire tutta la magistratura: state lontani dai guai, scansate i potenti della politica o dell’economia. Se un giornale pubblica la foto di un pescatore che ha preso un luccio di 10 chili, è il pescatore che fa protagonismo o è il luccio che è grosso?

Ardita ha scritto sul Fatto che il processo disciplinare a Woodcock è roba da Nord Corea. Condivide?

Beh, quando l’organo di autogoverno non dice nulla contro gli attacchi del governo a un pm colpevole di fare indagini a livelli alti e anzi lo processa disciplinarmente prim’ancora che vengano processati gli imputati, magari usando gli esposti degli imputati contro quel pm, c’è da restare esterrefatti.

Quando certe cose le diceva Berlusconi, la reazione della magistratura fu ben più energica.

Ma perché Berlusconi le diceva e le faceva talmente grosse, tipo quando disse che siamo tutti pazzi per il mestiere che facciamo, che l’effetto era il ‘serrate le file’ di tutta la magistratura. Il centrosinistra è stato più subdolo, con un mix di lusinghe, attacchi e leggi micidiali che hanno messo in ginocchio la magistratura nell’indifferenza generale. Ora un certo doppiopesismo ha aumentato il disagio di molti di noi, che però ha tutt’altra origine.

Quale?

Le nostre condizioni di lavoro inaccettabili. Di crisi della giustizia sento parlare da quando andavo all’università. Nessuno che in questi 45 anni partisse dal vero problema: l’eccesso patologico della domanda di giustizia. Ogni anno in Italia si aprono più processi civili di quanti se ne aprano in Francia, Spagna e Gran Bretagna sommate insieme. La risposta più logica è frenare la domanda, riportando il contenzioso ai livelli degli altri Paesi. Invece i geni che ci governano hanno tentato di aumentare la produzione e ultimamente hanno pure il mito dell’‘organizzazione’: nella Corte d’appello “modello” di Torino, una bimba violentata a 7 anni ha visto prescriversi il processo allo stupratore quando ne aveva compiuti 27. Se il sistema non collassa, è perché molte vittime sono talmente sfiduciate che non si rivolgono nemmeno alla giustizia: se facessimo i processi in 6 mesi, avremmo molte più denunce e il contenzioso esploderebbe.

Il nuovo Csm dovrebbe mettere fine allo scontro politica-magistratura?

Perché, c’è uno scontro? Io non lo vedo. Sarà perché non mi occupo di politica, semmai di politici che rubano o che sono accusati di rubare. Se non rubassero, non mi occuperei di loro. Ma fingono sempre di non capire: dicono che aspettano le sentenze definitive e non si accorgono che così abdicano al dovere di fare una valutazione autonoma, politica, sui fatti noti e non controversi che emergono dalle indagini. Se il loro vicino di casa ha una condanna solo in primo grado per pedofilia, che fanno: gli affidano i loro figlioletti per accompagnarli a scuola in attesa della Cassazione? La giustizia è una virtù cardinale, ma anche la prudenza lo è. Penso a quel direttore generale di un’Asl lombarda condannato che spiegò così le sue intercettazioni imbarazzanti sulla mafia: ‘Fin da piccolo mi diverto a sembrare un mafioso’. In questi casi, per cacciare uno, non serve non dico la sentenza, ma nemmeno l’accusa: basta la difesa. Sarei curioso di vedere come certi politici si comportano nella loro vita quotidiana: se fanno causa al fruttivendolo perché smercia frutta marcia, aspettano la Cassazione per cambiare negozio?

La preoccupa il nuovo governo?

In 40 anni ne ho viste e sentite così tante che non mi impressiona più niente.

E sulla giustizia?

Attendo i testi di legge. Per ora ho sentito annunci, in parte condivisibili. Come la revisione del codice degli appalti, che non fa neanche il solletico a chi trucca le gare e dà un sacco di grane agli onesti.

Intanto saltano le riforme di Orlando su carceri e intercettazioni.

Sulle intercettazioni, la maggioranza delle Procure non è in grado di attuare la riforma nei tempi richiesti. Sulle carceri, Ardita segnalava il rischio di certi benefici anche per i condannati per mafia. Poi c’è il quasi-automatismo che risparmia il carcere ai condannati fino a 4 anni. Come se non si conoscessero gli effetti dell’inefficienza italiana. Ma le pare possibile che chiunque viene ammesso ai servizi sociali o ai domiciliari, a condizione che lavori, trovi subito un impiego? O sono lavori finti o di comodo, oppure per azzerare la disoccupazione basta mandare tutti i disoccupati ai domiciliari o ai servizi sociali. Negli altri Paesi, si fanno controlli accurati: se il lavoro in alternativa al carcere è fittizio, il condannato torna in cella. Qui abbiamo mandato ai servizi sociali in una biblioteca il direttore di un’altra biblioteca condannato per aver rubato migliaia di libri… Altri invocano pene pecuniarie in alternativa al carcere: ma lo sanno che – lo dice la Corte dei Conti – lo Stato incassa solo il 4% delle pene pecuniarie? Perché dovrebbero far paura a qualcuno?

Parliamo di migranti. Armando Spataro avverte il governo sull’illiceità dei respingimenti in mare.

Altro problema complesso che tutti, da ogni fronte, pensano di risolvere con soluzioni semplici. Intanto è assurdo il principio degli accordi di Dublino: se esiste un’Europa, i migranti non possono essere accollati al solo Paese dove sbarcano. Poi, certo, il soccorso in mare è un obbligo inderogabile. Ma non coincide con l’andare a prendere i migranti quando partono: quello è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per troppi anni i nostri governi hanno alimentato la clandestinità negando il visto a chi chiedeva alle nostre ambasciate di venire a lavorare qui, e poi facendo sanatorie per chi arrivava irregolarmente. E ogni condono genera altra illegalità. Sempre.

Salvini vieta lo sbarco di una nave italiana se due presunti ammutinati non ne scendono in manette.

La Costituzione della Repubblica riserva le decisioni sulla libertà personale all’Autorità giudiziaria, anche per la convalida degli arresti. Escludo che un ministro possa dare ordini alla magistratura.

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