Una maionese impazzita: 500 candidati per 42mila abitanti, uno ogni 84 persone. Se cammini in via Aurelia, a Imperia, a ogni passo un candidato ti ferma. Gente passata da sinistra a destra, da Forza Italia a Claudio Scajola. Del resto era dura trovare il carro del vincitore: all’inizio piomba la candidatura Scajola. Poi il centrodestra di Giovanni Toti lo sfida. Infine l’accordo Lega-M5S scompiglia tutto. Partiti e bandiere non contano più, unici punti di riferimento sono potere e cemento. Per provare a orientarsi bisogna inseguire uno scalcinato motorino F10. A bordo, impegnato in pieghe da Valentino Rossi, un attempato signore. Quando si toglie il casco scopri che è proprio lui: Scajola. “Dall’auto con scorta allo scooter”, sorride. Una volta planava a Imperia con il volo Roma-Albenga messo apposta per lui oppure in elicottero con Nicholas Sarkozy.
Oggi eccolo negli studi di Imperia Tv con gli altri 7 candidati sindaci. In tutto 3 di destra, 3 di sinistra, uno M5S e un indipendente. Ma se leggi i curricula ci capisci ancora meno. Prendete Luca Lanteri, il favorito. Era scajoliano di ferro e oggi corre contro Scajola. Per dodici anni è stato assessore all’Urbanistica ai tempi della cementificazione. Poi nel 2015 si candida con il Pd di Raffaella Paita. Contro Toti. Gli va male, ma dopo tre anni lo ritrovi proprio con Toti, sostenuto da Forza Italia, Lega e FdI. Vittorio Coletti, professore universitario di Lettere, indica i manifesti elettorali: “C’è solo Matteo Salvini. Lui porta voti, mica Lanteri”. Così a Imperia sono piovuti i leader del fu centrodestra, da Giorgia Meloni a Salvini. Perché la vecchia alleanza e Toti si giocano tutto.
Scajola segue una tattica opposta: c’è lui, solo.
Il centrosinistra ha governato Imperia dignitosamente, ma non ha santi cui votarsi: “Da Roma volevano mandare Graziano Delrio, ma qui hanno risposto ‘no, grazie’”, racconta l’architetto Paolo Verda che dopo una lunga militanza Pd oggi sta in disparte.
Il sindaco uscente, Carlo Capacci, forse avrebbe voluto candidarsi, i giornali ipotizzavano un suo passaggio al centrodestra. Ma la sua lista civica si è sgretolata: metà con il centrodestra, metà con Scajola. Alla fine si candiderà Guido Abbo, commercialista. Preparato, pratico.
Ma che cosa sognano gli imperiesi? Il cambiamento non è all’orizzonte. Resta il vecchio modello, il cemento, che oggi pare personificato da Toti e Lanteri. Lui assessore all’Urbanistica negli anni del Partito del Cemento. Lanteri che all’epoca volava sulla città in elicottero insieme con Scajola, il furbetto del quartierino Gianpiero Fiorani (avvistato in Liguria con Toti) e l’imprenditore Francesco Caltagirone Bellavista a caccia di terreni dove investire fortune guadagnate chissà come. Da quelle imprese nacque il gigantesco porto realizzato da Caltagirone. “Un monumento al fallimento: 1.300 posti in gran parte invenduti, silos sotterranei invasi dal fango, scheletri di enormi costruzioni sulla riva”, punta il dito Alessandro Casano, ex FdI che guida la lista Alternativa Indipendente.
Eccoli i temi della campagna elettorale: il cemento in vista del nuovo piano regolatore; poi il porto e le piste ciclabili per cui sono già stati stanziati 16,2 milioni. Lanteri dovrebbe arrivare al ballottaggio. Ma se dovesse vedersela con Abbo, i voti di Scajola potrebbero finire al centrosinistra. E se invece toccasse a ‘u ministru’, come qualcuno lo chiama ancora, il Pd voterebbe per lui. Il M5S candida Maria Nella Ponte, bancaria part-time e artista. “Alle politiche erano il primo partito con il 29%. Ma potrebbe succedere come nel 2013 quando alle nazionali presero il 30 e poi alle amministrative scesero al 10”, ricorda Coletti.
Ed eccoci nell’ufficio del divo Claudio, dove nei decenni è passata mezza Imperia. Alle sue spalle il Tricolore. Ai muri foto con papi, ministri francesi e tedeschi in visita a Imperia. Cerca di evitare le polemiche, ma qualcosa gli è rimasto sul gozzo: “Mi ha fatto male mio nipote Marco, assessore di Toti, che si è schierato contro di me”. E poi, ovvio, c’è il Governatore: “Il consenso se lo conquistano così: i Comuni hanno bisogno di finanziamenti e chi sta con loro sa che poi se la passerà bene. Vergognoso”. Nelle ultime settimane Toti è stato più a Imperia che a Genova. Ha organizzato trasferte di tutta la Giunta in città. Perché chi perde, tra Scajola e Toti, rischia di essere finito. E qui, parlando con i vecchi rivali del Ministro, arriva la sorpresa. Non è più lui, ti dicono, “il male assoluto”. Anzi, “se proprio dobbiamo votare uno scajoliano, meglio l’originale”. Senti quasi nostalgia. Nessuno fa cenno al processo di Reggio Calabria dove Scajola è accusato di aver aiutato Amedeo Matacena nel tentativo di trasferimento da Dubai a Beirut (poi non avvenuto).
Imperia soffre della sindrome di Stoccolma. Archiviare Scajola dopo decenni vorrebbe dire chiudere una parte della propria vita. O forse è simpatia per chi ha perso: quell’ex ministro che faceva tanta paura e ora, a settant’anni, scorrazza a bordo di uno scooter a caccia di voti.