Il poliziotto delle molotov alla Diaz del G8 di Genova. Pietro Troiani – dopo la condanna e il rientro in servizio – fa un balzo in carriera: sarà il dirigente del Centro operativo autostradale di Roma che ha competenza su tutto il Lazio. Il principale d’Italia.
La comunicazione è della settimana scorsa. Un altro protagonista del G8 che fa un balzo in carriera. “Troiani era e resta vicequestore”, fanno sapere fonti del Viminale. “Ma nell’ultimo carosello di promozioni gli viene affidato un incarico apicale da dirigente della Stradale tra i più ambiti d’Italia, anticamera per ulteriori salti in carriera a cui ormai siamo abituati. È un danno all’immagine e all’organizzazione della polizia”, commenta Filippo Bertolami del sindacato Pnfd (polizia nuova forza democratica).
Secondo i magistrati genovesi, Troiani (condannato in Cassazione a tre anni per falso) sarebbe il poliziotto che nei giorni tragici del G8 avrebbe detto al suo autista di portare alla Diaz le famose molotov. Quelle bombe che dovevano far passare i manifestanti ospitati nella scuola come pericolosi estremisti pronti a compiere atti di violenza. Parliamo della Diaz teatro della “macelleria messicana” (la definizione è del poliziotto Michelangelo Fournier) compiuta dalle forze dell’ordine: pestaggi e violenze contro ragazzi inermi.
Scrissero i pm negli atti di conclusione delle indagini: Troiani “consegnava, per il tramite di un assistente da lui all’uopo diretto, due bottiglie incendiarie del tipo Molotov a colleghi e funzionari di polizia superiori per grado, intenti alle operazioni di perquisizione e in particolare alla ricerca di armi che riconducessero agli occupanti dell’edificio la responsabilità degli scontri avvenuti con le forze dell’ordine nei giorni precedenti e l’appartenenza al gruppo definito Black Bloc”.
Troiani, essendo stato anche affidato ai servizi sociali dopo la sentenza, ha da tempo ripreso servizio, prima degli altri poliziotti condannati per il G8. Era tornato a svolgere il suo ruolo nella Stradale. E adesso ecco il nuovo prestigioso incarico. È soltanto l’ultimo caso. Pochi giorni fa era toccato a Gilberto Caldarozzi (condannato a 3 anni e 8 mesi per falso), il braccio destro di Gianni De Gennaro (capo della polizia ai tempi del G8) appena destinato a diventare numero due della Direzione investigativa antimafia.
Le carriere non avevano subito stop neanche durante i processi: Francesco Gratteri era diventato capo della Direzione centrale anticrimine; Giovanni Luperi capo-analista dell’Aisi (il servizio segreto interno). Filippo Ferri guidava la squadra mobile di Firenze; Fabio Ciccimarra era capo della squadra mobile de L’Aquila e Spartaco Mortola capo della polfer di Torino. Non solo: tra gli indagati e i condannati diversi ottennero poi consulenze e incarichi presso aziende pubbliche e private. Caldarozzi fu scelto da Finmeccanica, società controllata dallo Stato e presieduta all’epoca proprio da De Gennaro.
Adesso, dopo la sospensione e il rientro in servizio, le carriere dei poliziotti condannati sembrano ripartire. Anzi, accelerare nell’imminenza della fine della legislatura.