Viviamo nell’era del porno di massa. Tramontati i tempi dei “giornaletti”, dismessi i cinema a luci rosse (e poi le videocassette, e poi i dvd), grazie al web il “proibito” non è mai stato così a portata di mano. Anche di chi, per legge e per buon senso, dovrebbe starne lontano: bambini e ragazzini. In Italia il 73% di loro, tra gli 8 e i 16 anni, ha visitato almeno un sito porno (dati Telefono azzurro/DoxaKids), surrogato poco raccomandabile di un’educazione sessuale carente fra i banchi di scuola. Pornhub (controllato da Mindgeek, sede a Montreal, casa madre anche di RedTube, YouPorn e tanti altri) nel 2017 ha registrato 28,5 miliardi di visite (l’anno precedente furono 23 miliardi). Offre online talmente tanti video che per vederli tutti ci vorrebbero settant’anni filati. La politica del (quasi) tutto gratis, però, ha asfaltato un settore un tempo fiorente e a suo modo glorioso. Produttori, registi, pornostar e aspiranti tali sono costretti a reinventarsi per monetizzare le loro doti. Si aprono nuove nicchie: come il porno “di qualità”, filone nel quale si iscrive la rivoluzione del porno al femminile, pensato e girato da donne per piacere alle donne. Le quali sempre di più invadono un territorio un tempo “per soli uomini”. In Italia, nel 2017 le utenti di Pornhub sono aumentate del 22% sull’anno precedente, lasciando tracce nitide nel motore di ricerca del sito: mentre i maschietti puntano sempre più decisamente sulle mature “Milf”, l’altra metà del porno clicca massimamente la categoria “lesbian”. Fuori dai portali “istituzionali”, emerge il fenomeno del porno blasfemo: roba forte e, a quanto raccontano le operatrici specializzate, ben retribuita.
Sono solo alcune delle storie, dei numeri, delle inchieste che troverete su Fq Millennium, il mensile diretto da Peter Gomez, in edicola da domani con il titolo di copertina “Tutto quello che avreste voluto sapere sul porno, ma nessuno ha mai osato raccontarvi”. Perché se è vero che il sesso virtuale è sempre più presente nelle nostre vite – basti pensare all’uso corrente di termini come “Milf”, “threesome”, “gangbang”… – resta comunque ammantato da un’ipocrita indifferenza, e nessuno si prende la briga di raccontare il mondo che sta dietro quei miliardi di frementi clic.
“È come se oggi il porno avesse raggiunto il limite dell’esprimibile. Ciò che circola in Rete soddisfa ogni fantasia o esigenza”, spiega per esempio Pietro Adamo, storico dell’Università di Torino e studioso del settore. Oggi la frontiera è la sezione “model” di Pornhub, che riserva ai partecipanti – amateur o pornstar – premi mensili di mille euro e annuali fino a 10 mila per i video più visti. Tra i più seguiti nella categoria “coppie”, con 44 milioni di visualizzazioni in pochi anni, figurano i non professionisti Kim e Paolo. Lei 22 anni, lui 27, italo-argentini, da tre anni girano il mondo vivendo di questo. Quando vogliono accendono la webcam e si mostrano in diretta mentre fanno sesso. “È tutto autoprodotto. Quello che vedete nei nostri video è reale”, spiegano a Fq Millennium. La webcam, con abbonamenti proposti a qualche decina di dollari al mese, permette a molti professionisti di guadagnare quello che è sempre più difficile ricavare dai film. “Chi guarda il mio Snapchat pubblico vede la persona che c’è dietro lo schermo, come passo le mie giornate, non sono solo il mio culo e le tette. Chi si abbona apprezza ancora di più il fatto che condivido una parte di me ogni giorno”, spiega la pornostar Francesca Di Caprio.
Rigorosamente a pagamento anche la produzione di Erika Lust, una delle più note registe di porno al femminile. Svedese trapiantata a Barcellona, 41 anni, 100 cortometraggi e quattro “lunghi” all’attivo, Lust (“lussuria” in inglese, ndr) prova a sovvertire l’estetica rozza del porno che vuole attrici a gambe all’aria, attori in modalità martello pneumatico, primi piani ginecologici e totale assenza di trama. Il suo manifesto, che racconta in un lungo ritratto, parte da qui: “Più spazio ai baci, ai preliminari e alla comunicazione tra le persone”.
Il porno di massa, però, può diventare una malattia, una dipendenza del tutto simile alla ludopatia. Fq Millennium è andato in due centri della SiiPaC (Società italiana intervento patologie compulsive), a Roma e a Milano. A farsi raccontare le storie di chi ci è caduto. E fa molta fatica a uscirne.