“Evidenti criticità” nel progetto di ristrutturazione del Morandi. Che viene qualificato da Autostrade e Spea come “intervento locale” e approvato dal ministero l’11 giugno, due mesi prima del crollo del ponte, “senza verifiche e collaudi”. Mentre pare che nessuno al ministero delle Infrastrutture si fosse preoccupato che dal 1993 il ponte non avesse subito interventi strutturali. Fino al passaggio finale: “È evidentissimo che molte cose non abbiano funzionato tra ministero e concessionaria”.
È il 29 settembre scorso quando davanti al pm genovese Massimo Terrile compare Bruno Santoro, dirigente della Divisione I, Vigilanza tecnica e operativa del ministero. È indagato, pare turbato, ma è uno dei pochi a voler rispondere e offrire collaborazione. Specifica di essere arrivato a dirigere la struttura dopo che il progetto di retrofitting era stato esaminato. Una deposizione di nove pagine che è un atto di accusa verso Autostrade. Ma anche verso i controlli del ministero sul concessionario. “Ho avuto la disponibilità del progetto, ma solo dopo il crollo, quando sono stato nominato membro della Commissione insediata dal ministero per accertare le cause del disastro”, esordisce Santoro che si dimise appena indagato. Il pm allora domanda: “Quando ha avuto modo di esaminare il progetto, quale è stata, da tecnico, la sua valutazione?”. Ed ecco il primo passaggio chiave: “Ho pensato che quel progetto evidenziava indubbiamente delle criticità”. A questo punto il pm lo incalza: “Uno degli aspetti più problematici di quel progetto consiste nel fatto che l’intervento di retrofitting viene presentato come meramente ‘locale’. A detta dei nostri tecnici costituisce una qualificazione assurda e inaccettabile”. Santoro concorda: “Sin dalla prima volta che ho avuto tra le mani quel progetto l’ho rilevato e mi ha fatto un grandissimo effetto. Mentre gli interventi di adeguamento e di miglioramento sono obbligati a sottostare a una verifica preventiva di sicurezza e poi ai collaudi statici, sia in corso d’opera sia al termine dei lavori, gli interventi locali – proprio perché qualificati tali – non sono soggetti né a verifiche preventive, né a collaudi statici. Per questo ho detto che quella qualificazione mi fece un grandissimo effetto: un’opera del genere andava necessariamente preceduta da verifiche di sicurezza e accompagnata e seguita da collaudi tecnici”. E qui sono chiamati in causa i concessionari: “Non posso sapere per quale motivo Autostrade e Spea abbiano qualificato in quel modo l’intervento: posso solo rilevare che è davvero assurdo considerare come locale un intervento strutturale così importante”.
Ma a chi spettava all’interno del ministero la verifica degli aspetti tecnico-ingegneristici e strutturali del progetto? Ecco le falle, anzi, le voragini: “La normativa prevede che sotto i 50 milioni quella verifica tecnica spetti ai comitati tecnici amministrativi. Il Comitato, qualora ravvisi problemi, può trasmettere il progetto al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici”. Santoro punta dritto il dito sul comitato che diede il via libera. Un atto d’accusa pesantissimo: “Ho avuto modo di esaminare il verbale del Comitato e la cosa che mi ha stupito maggiormente è il fatto che il Comitato non abbia trasmesso il progetto per un parere al Consiglio Superiore per i Lavori Pubblici. Cosa che sarebbe obbligato a fare quando rileva criticità. Criticità che, in questo caso, erano evidenziate chiaramente nella relazione del progetto. Invece il Comitato si è limitato a formulare qualche modesta osservazione di dettaglio, su aspetti poco rilevanti e significativi, tali da non incidere in alcun modo sul parere positivo che ha formulato. Osservazioni tanto poco rilevanti e significative che neppure il ministero ha ritenuto che meritassero integrazioni o approfondimenti”.
Insomma, chiosa il pm, “possiamo concludere che, sotto il profilo tecnico, è stato esaminato da un’unica persona davvero competente in strutture, il professor Antonio Brencich? (indagato, ndr)”. Santoro conferma: “Possiamo concludere che è stato esaminato, e avrebbe dovuto essere studiato, solo dai componenti del Comitato Tecnico Amministrativo”.
Ma il discorso ricostruisce tutte le mancanze della “vigilanza tecnica e operativa della rete autostradale in concessione”: i controlli, spiega Santoro, “riguardano la manutenzione ordinaria… non la sicurezza strutturale dei manufatti… fermo restando che tutte le competenze relative alla sicurezza delle strutture autostradali fanno capo in via esclusiva alle società concessionarie”. Insomma, Autostrade e Spea. Ma se durante un sopralluogo emergessero problemi strutturali verrebbero segnalati al ministero? Santoro riferisce: “Non ho mai avuto segnalazioni di questo tipo. Non sono a conoscenza se le ricevesse qualcun altro al ministero… non saprei neanche se, all’interno del ministero, vi siano tecnici idonei a effettuare controlli e valutazioni del genere”.
Il pm pare stupefatto: “Leggi, regolamenti, circolari, decreti e anche la Convenzione imponevano ad Autostrade di compiere relazioni sulle verifiche… A me pare curioso che, dopo aver imposto controlli e verifiche al concessionario, l’autorità concedente si disinteressi totalmente all’esito dei controlli, che neppure le vengono inoltrati”. E Santoro ammette: “Non ho mai ricevuto una relazione del genere”. Il magistrato vuole approfondire: “C’era qualcuno al ministero che fosse solo vagamente a conoscenza della storia del Morandi, delle sue particolarissime strutture e fragilità?”. Risposta: “Non so. Io no”.
Il pm incalza: “Ogni intervento di manutenzione straordinaria deve essere oggetto di approvazione da parte dell’organo pubblico di controllo… com’è possibile che nessuno abbia rilevato che il Morandi non aveva ricevuto il benché minimo intervento strutturale dal 1993?”. Santoro concorda: “Sono totalmente d’accordo con lei. È incredibile. Che molte cose non abbiano funzionato tra ministero e concessionaria è evidentissimo. Provo una grande sofferenza per quanto è accaduto”.