La riforma delle intercettazioni voluta dall’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando non entrerà in vigore, come previsto, il 12 luglio. Con gran sollievo di pubblici ministeri e penalisti. Secondo i magistrati e gli avvocati, mai andati così d’accordo come in questo caso, è una riforma dannosa: perché pregiudica le indagini e inficia il diritto di difesa.
Lo stop alla riforma lo ha annunciato ieri il nuovo ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il provvedimento di riforma delle intercettazioni “verrà senz’altro bloccato”, ha detto il ministro. Senza, però, specificare cosa farà in concreto. Secondo quanto risulta al Fatto, Bonafede ha intenzione di seguire una sorta di doppio binario: un provvedimento d’urgenza, un decreto legge, per prorogare l’entrata in vigore della riforma e contemporaneamente pensare a un decreto correttivo che entri nel merito. Dunque un ripensamento complessivo della riforma che il ministro già da deputato aveva avversato.
Bonafede ha parlato a un convegno organizzato dal Csm sull’organizzazione degli uffici giudiziari a cui hanno assistito molti magistrati. Presente anche Francesco Minisci, presidente dell’Anm. Proprio Minisci si è appellato al ministro: “Blocchi una riforma che non raggiunge lo scopo di evitare la pubblicazione di intercettazioni sensibili, ma creerà distorsioni e danni per le indagini e il diritto di difesa. Solo lei può intervenire per evitare ulteriori salti mortali organizzativi”.
Bonafede, come detto, ha confermato il blocco e aggiunto un elemento che ha fatto indispettire Orlando. “Ho avviato – ha detto – una valutazione delle risorse che sono state investite per la strumentazione che la legge rendeva necessaria, che verrà riutilizzata perché non ci piace buttare soldi. Il mio impegno è capire le linee della riscrittura del provvedimento e su questo avvierò presto un confronto con procure e avvocati”. A stretto giro è arrivata la replica dell’ex ministro: “Quelle risorse non sono legate alla riforma, ma a rendere più sicuro il sistema informatico che raccoglie e gestisce le intercettazioni”.
Il ministro Bonafede ha parlato anche di prescrizione (“il cittadino vuole una risposta dalla giustizia, non percepisce l’idea che il processo è durato troppo e non si va avanti”) e della legge renziana sulla “tenuità del reato”: va bene, ma non se ha finalità “meramente deflativa” (cioè se punta solo a svuotare le carceri). Quanto alla possibilità che vengano ripristinati i piccoli tribunali, ipotesi che lascia perplessi i magistrati, Bonafede ha spiegato che “il contratto di governo intende capire se ci sono situazioni che meritano particolare attenzione”. Infine c’è il caso Bari. Respinta la proposta del Csm di nominare un commissario per assicurare che non si torni più a fare processi in una tendopoli: “Ci sono io, ci metto la faccia”.