“C’è un nuovo mercato della politica”. La definizione è del senatore Paolo Romani, fresco di un colloquio con Matteo Renzi. Oggetto dichiarato? Una disquisizione sulle evoluzioni dello scenario presente e futuro. Sospetto generale? Un sondaggio reciproco sulla possibilità di un soggetto centrista, che metta insieme il Pd renziano e pezzi di Forza Italia. Nel passaggio a questa legislatura, Romani ha passato qualche brutto momento: da capogruppo al Senato, con ambizioni di diventarne presidente, è diventato senatore semplice, in cerca di collocazione.
Due istantanee raccontano la traiettoria. Una è dell’8 agosto del 2014: Maria Elena Boschi, immortalata con le braccia al collo di Romani, in un bacio che, da lontano, sembrava sulle labbra. L’aula del Senato celebrava il primo passaggio delle riforme costituzionali: era il tripudio del renzismo di governo allora vincente, il trionfo del patto del Nazareno. Nella stessa aula, qualche anno più tardi, durante il discorso della neo eletta presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, il 24 marzo del 2018, Romani si faceva notare per la sua assenza. Silvio Berlusconi (e Matteo Salvini) avevano appena fatto tramontare le sue speranze di diventare presidente del Senato, dopo il no dei Cinque Stelle. La rottura con Berlusconi è ormai conclamata, lui è alla ricerca di nuovi spazi. “Sì, è vero che ho parlato con Matteo Renzi”, racconta al Fatto Quotidiano.
La domanda, a questo punto, è obbligata: fate un nuovo partito? La smentita, altrettanto scontata. “Ognuno di noi deve trovare la propria strada”. Un’affermazione che contiene in sé anche la sua evoluzione: le strade si incontrano, spesso e volentieri. Peraltro, il riferimento “storico” è interessante: “Io penso che sia importante parlare con tutti, nello stesso Parlamento. Parlo con Salvini, ogni tanto anche con Di Maio. Ho conservato buoni rapporti con Renzi dai tempi del Patto del Nazareno”.
Racconta piuttosto volentieri i contenuti del suo colloquio con l’ex segretario dem: “I cicli della politica sono molto veloci. Renzi nel 2014 era al 41%”. E dunque? “E dunque, è ragionevole che tra un paio d’anni le cose siano cambiate. Per cui, dobbiamo lavorare a una forza liberale come la nostra e, parallelamente, a una forza riformista”. Perché se il Pd ormai è un insieme di correnti dal futuro incerto, anche Forza Italia non è in ottima salute. Soprattutto tra chi non fa parte della corte di Silvio Berlusconi, i malumori e le ricerche di exit strategy sono continui.
Tutto sta a vedere quanti saranno disposti a scegliere il Matteo perdente (ovvero Renzi), invece di quello vincente (ovvero Salvini). Romani, comunque, spiega: “Ognuno di noi deve risolvere al proprio interno i problemi, ritrovare quelli che si sono allontanati dalla politica”. E poi, ecco la lettura e la strategia: “Il bipolarismo centrodestra centrosinistra è ormai superato dal nuovo bipolarismo Lega-Cinque Stelle. Siamo all’interno di uno scenario diverso dal passato”. Con questa premessa, le confluenze diventano non solo possibili, ma pure naturali: “Servono nuovi strumenti della partecipazione politica, nuovi strumenti di comunicazione della politica. E poi c’è bisogno di un nuovo progetto per la politica e il mercato della politica”.