Pubblici ministeri genovesi e Guardia di Finanza in Lussemburgo, per cercare i soldi della Lega. Intanto alla Procura ligure sono stati trasmessi gli atti dell’inchiesta romana su Luca Parnasi e i suoi finanziamenti ad associazioni ritenute vicine al Carroccio. Il fascicolo sui movimenti dei soldi leghisti negli ultimi anni si ingrossa anche perché, si dice in ambienti genovesi, “le finanze della Lega hanno seguito molti rivoli”. Il nodo della questione adesso è il Lussemburgo. Lunedì e martedì i pm Francesco Pinto e Paola Calleri sono volati nel Granducato per una rogatoria internazionale. Due giorni per acquisire documenti, a cominciare da quelli ottenuti dalla Pharus, una società di gestione lussemburghese. Tutto parte dall’inchiesta sui rimborsi elettorali e i famosi 48,9 milioni che la Lega rischia di vedersi sequestrati. Dopo la condanna in primo grado di Umberto Bossi e Francesco Belsito la Procura ha da subito cercato di recuperare il denaro, ma ha rintracciato solo due milioni.
Mentre, però, si cercava di compiere i sequestri è nato un nuovo filone di inchiesta: dove sono finiti i soldi della Lega e perché non se n’è trovata traccia nelle casse del partito? I leghisti sostengono: i denari non sono stati nascosti alla giustizia, ma regolarmente spesi per attività di partito e per pagare i dipendenti. Gli inquirenti, però, stanno seguendo un’altra pista che a giugno ha già portato alla sede della Sparkasse di Bolzano e alla filiale di Milano. È dalla banca altoatesina che sono partiti, per poi rientrare, i denari cercati dai pm. Tutto comincia subito dopo le elezioni del 4 marzo quando a Bankitalia arriva la segnalazione della società di gestione del Lussemburgo. Si parla di un movimento di denaro giudicato sospetto dal Granducato all’Italia: 3 milioni (ma gli accertamenti riguardano 10 milioni complessivi).
Proprio per questo i pm e le Fiamme gialle lunedì mattina si sono presentati in Avenue de la Gare 16 in Lussemburgo. Da qui, dalla sede della Pharus Management, sarebbe partita la segnalazione sull’operazione “sospetta”. E “sulla presunta titolarità in capo alla Lega”. Il dubbio che deve essere chiarito è se quel denaro possa essere una fetta del tesoretto scomparso della Lega. Bisogna ricostruire il percorso del denaro da Bolzano e Milano al Lussemburgo. E ritorno. Il periodo su cui si concentrano gli inquirenti va dall’inizio del 2016 al gennaio 2018. Quindi, quando alla guida del partito c’era Matteo Salvini e il tesoriere era un suo uomo di fiducia, Giulio Centemero. Va sottolineato che nessuno dei due è indagato. Il fascicolo della Procura di Genova è ancora a carico di ignoti. I pm non stanno ancora cercando di accertare eventuali responsabilità; adesso è il momento di ricostruire i movimenti di denaro. Di chiarire se vi siano operazioni illegali.
Il presidente della Sparkasse è Gerhard Brandstätter: “Abbiamo avuto due conti correnti della Lega. Sono stati aperti nel 2013 e chiusi nel 2014”. Brandstätter in passato è stato socio di studio di Domenico Aiello, l’avvocato di fiducia di Roberto Maroni che proprio nel suo studio è tornato a fare l’avvocato. Nicola Calabrò – amministratore delegato e direttore, arrivato alla cassa di risparmio altoatesina nel 2015 – ricostruisce così l’operazione lussemburghese: “Quei 10 milioni sono denaro nostro, quello che in gergo viene definito portafogli titoli della banca. Nulla di riferibile alla Lega. Quei soldi sono transitati su un conto nostro ed erano investiti in titoli di Stato Ue a basso rischio”.
Centemero ha sempre negato che vi siano legami tra il conto Sparkasse e la galassia dei conti della Lega: “Non so nulla di questi 3 milioni dell’operazione di cui si parla. I nostri rapporti con Sparkasse sono terminati nel 2014. I nostri bilanci sono stati revisionati da due commissioni”. In sé l’operazione non sarebbe illegale. Anche se i soldi fossero stati della Lega. Dopo la legge del 2012, infatti, i partiti possono investire in titoli di Stato dei Paesi Ue. Il nodo non è questo, e nemmeno la Pharus: “È una società con una buona reputazione”, riferisce al Fatto un operatore finanziario lussemburghese. I pm devono piuttosto accertare se quei 3 milioni (parte di un totale di 10) non facciano parte del tesoro della Lega. Cioè non provengano da un reato. Di qui l’ipotesi di riciclaggio su cui lavorano i pm. Per questo la rogatoria è essenziale: per sapere chi c’era dietro i fondi di investimento che hanno dato a Pharus il denaro. E se, magari dietro a qualche prestanome, vi fossero persone vicine alla Lega.