Negli archivi della Conservatoria è riassunta l’intera vicenda della casa del prossimo presidente del Consiglio Giuseppe Conte in via Giulia a Roma – una delle strade più prestigiose – ipotecata dal 2009 al 2011 da Equitalia per un “importo capitale” di 26.000 e 24.600 euro. Conte ha rimosso l’iscrizione pagando 52.000 euro nel 2011.
All’avvocato civilista, candidato a guidare il governo gialloverde, era contestata una doppia cartella esattoriale con insolvenze di origine diversa. Il debito più cospicuo riguardava dei versamenti Iva di 17.000 euro per il 2006 e 18.000 euro di Irpef per un triennio fino al 2003. Poi ci sono 12.700 euro di contributi per la pensione richiesti dalla Cassa di previdenza e assistenza forense dal 2002 al 2008. Per il commercialista e i collaboratori di Conte, sentiti martedì dall’Espresso che ha sollevato la questione, il professore ha subìto l’ipoteca perché non ha ricevuto mai i documenti spediti per posta. Il palazzo in cui abita è sprovvisto di portiere, precisano. Ma i documenti – che coprono un arco di tempo di almeno sette anni – sono parecchi.
Dalle carte ufficiali che il Fatto Quotidiano ha visionato si può soltanto desumere che la Cassa degli avvocati e l’Agenzia delle Entrate hanno inviato le comunicazioni a Conte sempre all’indirizzo romano. Il candidato presidente, nel pomeriggio convocato al Quirinale da Sergio Mattarella, ha acquistato la casa tra il Vaticano e corso Vittorio Emanuele II nel lontano ’99, all’epoca c’era ancora la lira e Conte era un avvocato di 34 anni con un curriculum già abbastanza folto.
Il professore ha firmato il rogito di un immobile – allora classificato come “popolare” e poi riqualificato – di proprietà della società Michele Amari srl. In prospettiva, un affare. All’atto notarile, un investimento.
Michele Amari srl, proprio in quel periodo, passò dall’imprenditore romano Alfio Marchini – candidato al Campidoglio per due volte – al casertano Giuseppe Statuto. Quest’ultimo sarà ricordato, anni dopo, per le avventure dei “furbetti del quartierino”, anche se con una traiettoria differente rispetto a Stefano Ricucci e Danilo Coppola.
Conte si fa carico dei lavori di ristrutturazione e Statuto gli installa un ascensore prima di salutare. Il prezzo è di 450 milioni di lire per un appartamento al primo piano di 130 metri quadri: 140 milioni sono la caparra, gli altri 310 vengono saldati all’estinzione del mutuo di Statuto con la banca Mps. Davanti al notaio, non è specificata la modalità di pagamento: non si segnalano assegni, prestiti o mutui.
Il palazzo è di interesse storico e artistico, perciò è vincolato, come viene specificato durante la compravendita: “In relazione a tale situazione l’atto in trascrizione verrà notificato al ministero dei beni culturali e ambientali e, pertanto, esso è sospensivamente condizionato al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte del ministero stesso”. Il ministero approva l’operazione, Conte liquida Statuto e, quasi vent’anni dopo, la casa può valere un milione di euro.