“All’inizio degli anni Novanta noi eravamo pronti per partire con i lavori. Potevamo fare una bretella autostradale, la Voltri-Rivarolo che avrebbe decongestionato il ponte. Tutto a spese delle Autostrade. Ma il Comune di Genova all’epoca disse di no e cacciamo al vento decine di miliardi di lire. E adesso sento che tutti sono favorevoli alla Gronda che sarebbe pronta tra otto anni almeno, mentre potrebbe invece già esistere dagli anni Novanta”, racconta l’ingegner Gabriele Camomilla che ha lavorato per trentacinque anni in Autostrade fino a diventare direttore della struttura che si occupava di Ricerca e Manuntenzione.
Già, ha una storia molto lunga, almeno quarant’anni, il progetto di un percorso autostradale alternativo che bypassi Genova, lasciando il Ponte Morandi riservato essenzialmente al traffico destinato direttamente al centro di Genova e al porto.
La prima proposta fu, appunto, la bretella che sarebbe dovuta andare da Voltri (l’ultima delegazione del Comune di Genova a Ponente) fino a Rivarolo, che si trova nell’entroterra, lungo il percorso dell’autostrada Genova-Milano.
“Si trattava di un’opera che avrebbe dovuto correre quasi interamente in galleria, tranne ovviamente in Valpolcevera dove ci sarebbe stato un ponte”, racconta Camomilla.
Ma non fu così semplice. Ci fu l’opposizione degli abitanti di Voltri, soprattutto della zona di Prà, famosa per la coltivazione del basilico che si temeva fosse danneggiata dall’opera. Poi la nascita dei primi comitati e i ricorsi al Tar.
Aleandro Longhi, all’epoca presidente (Pci) della Circoscrizione Ponente di Genova, la racconta così: “Sulla bretella si spaccò la mia coalizione rosso-verde. Io ero favorevole all’opera, come sono oggi favorevole alla Gronda. Ma ci fermammo perché il comune allora guidato da Claudio Burlando (sindaco, poi ministro dei Trasporti con Romano Prodi e infine Governatore ligure dal 2005 al 2015) espresse un parere negativo”.
Lo stesso Burlando che durante il suo mandato in Regione è stato tra i sostenitori del Terzo Valico ferroviario tra Genova e la Pianura Padana e anche della Gronda. Idea che non ha abbandonato e che proprio ieri ha manifestato in interviste e in un incontro con il segretario Pd, Maurizio Martina, in visita a Genova: “Genova negli ultimi quarant’anni ha visto i traffici portuali aumentare esponenzialmente. Così anche la circolazione automobilistica. Non si può immaginare – sostiene Burlando – che i collegamenti di una città di 600mila abitanti, ancora piena di industrie, siano affidati a una camionale degli anni ’30 (l’autostrada per Milano, ndr), a linee ferroviarie dell’800 e al Ponte Morandi degli anni ’60… che è anche crollato”.
Ecco, ma allora perché avete espresso parere negativo alla bretella Voltri-Rivarolo nel 1992? “Perché giudicavamo inadeguato il progetto. Non ci si può limitare a tracciare una linea retta che va da un punto a un altro, non si possono costruire ponti sopra le case. Come il Morandi”, racconta oggi Burlando.
Camomilla sostiene che no, non era così, il percorso era stato curato nei dettagli e correva in gran parte in galleria. Il risultato, comunque, è che dopo venticinque anni siamo al punto di partenza. Anzi, molto più indietro: il Ponte Morandi non c’è più. E decine di persone sono morte.
Sul tavolo della politica resta soltanto la Gronda (anche se qualcuno ricorda che si potrebbe puntare su progetti più minimalisti e meno costosi, come la vecchia Bretella): che prevede 72 chilometri di nuovi tracciati (il 90% in galleria). Il costo complessivo nel frattempo è lievitato a 4,3 miliardi. Un progetto intorno al quale la città si è divisa. Dividono le questioni ambientali, ma anche i costi. Come ha scritto Daniele Martini sul Fatto, la spesa sarebbe sostenuta o attraverso una proroga della concessione ad Autostrade (con la previsione anche di un ‘balzello’ di 6 miliardi a titolo di diritto di subentro se al termine arrivassero altri concessionari) oppure con un aumento del pedaggio su tutta la rete nazionale. Insomma, pagherebbero i cittadini.
Oggi a Genova e Roma ci si divide ancora come negli anni ’90. E il crollo del ponte inquina la discussione. Difficile oggi esprimere dubbi.