Qui occorre produrre o importare o comunque procurarsi quintali di popcorn. Non per assistere dal divano con Matteo Renzi all’esperienza di governo gialloverde, ma per assistere all’esordio di Matteo Renzi da autore e narratore televisivo. Il progetto è mastodontico, riservato e pure in fase più che avanzata: una trasmissione di taglio culturale su Firenze con l’ex premier in video, numerose puntate da girare subito per i palinsesti autunnali o al massimo del prossimo anno, produttore indipendente, emittente non individuata.
Forse l’ultima sconfitta elettorale l’ha convinto e forse la modesta carica di senatore del collegio Toscana 1 l’ha annoiato, ma adesso Matteo è costretto a scegliere: o la politica con la gestione a distanza del Partito democratico o la carriera di benestante ex premier con le conferenze assai retribuite e il debutto da conduttore televisivo.
Il decisionista Renzi non decide, riflette a oltranza e s’inabissa con i resti del Nazareno. Quasi con scarso interesse. Altro che replica in Italia dei modelli francesi di En Marche di Emmanuel Macron o spagnoli di Ciudadanos di Albert Rivera, gli affari – e il palcoscenico, pardon le telecamere – sono l’assillo di Matteo. Stavolta non può ingannare i colleghi dem. I renziani eletti sono tanti, troppi, i renziani elettori sempre meno.
I presunti rivali al Nazareno ordinano dosi di coraggio, mai sufficienti per sganciare il partito dall’ex segretario-padrone. Ora che il disastro è completo, però, può accadere davvero: Renzi abbandona la politica attiva – una promessa che ignora da un paio di anni, dal fallimento del referendum – e si dedica a se stesso. Almeno per un po’, il tempo di recuperare – l’opera è titanica – la reputazione che ha perduto. Ma Renzi non può occupare un seggio a palazzo Madama, sottomettere ancora il Pd e impegnare l’agenda e i contatti per se stesso. Fingersi un semplice cittadino con le condizioni privilegiate di un senatore. Renzi potrebbe imitare – è un tipo ambizioso – Walter Veltroni, Barack Obama o Al Gore, sfruttare la popolarità (residua) e le relazioni (solide) per diventare un personaggio tv e, in automatico, un ex politico.
Tornare a guardare la luce rossa di una telecamera non per persuadere gli elettori e lanciare messaggi subliminali a Maurizio Martina o per esibirsi con la giacca di pelle da Maria De Filippi o con il cabaret da Barbara D’Urso, ma per intrattenere gli spettatori. Tornare, perché l’ex rottamatore ha cominciato in televisione, da concorrente della Ruota della fortuna di Mike Bongiorno, negli anni Novanta di Canale 5, a caccia di un ricco premio e anche del consenso dell’allora fidanzata: chiese la “A” di Agnese, il romanticone, per ricostruire la frase del gioco. Così un giorno Renzi sarà ricordato come un uomo di spettacolo e non come un uomo di politica. O le due cose assieme. Senza distinguere.