La rabbia è quella tipica che si mostra verso gli ingrati. Un colosso aderente a Confindustria ha deciso di ignorare una delle sue più riuscite creature: il Jobs act. E così ieri il vicepresidente degli industriali italiani, Maurizio Stirpe, ha tuonato contro Acea, la multiutility controllata dal Comune di Roma, minacciando di metterla alla porta. La colpa è di aver siglato un contratto aziendale con i sindacati che di fatto deroga alle tre grandi novità introdotte alla riforma del lavoro varata dal governo Renzi: licenziamento per giusta causa, demansionamento e controllo a distanza dei lavoratori. “Un accordo proditorio dei principi della correttezza e lealtà dei rapporti”, ha attaccato Stirpe. Insomma, un tradimento che “coglie di sorpresa” gli industriali, non informati dai vertici dell’azienda nominati ad aprile 2017 dalla giunta 5Stelle.
L’intesa, che prevede premi di risultato e norme sul welfare aziendale stabilisce “per tutto il personale e per coloro che saranno assunti in futuro, le tutele previste dall’articolo 18 della legge 300, così come modificato dalla legge Fornero del 2012”. Significa che potranno essere reintegrati dal giudice in caso di licenziamento illegittimo (il Jobs act concede solo un indennizzo). Affida poi le decisioni su eventuali demansionamenti dei lavoratori a un accordo che l’azienda dovrà trovare con i sindacati. Stesso discorso per “l’introduzione di sistemi di controllo della prestazione a distanza” per i quali invece il Jobs act (se considerati strumenti di lavoro) ha eliminato l’obbligo di intesa con le sigle.
La rabbia di Stirpe ha una sua logica. A maggio 2014, Confindustria suggerì, per così dire, i contenuti della riforma nel documento “Proposte per il mercato del lavoro e della contrattazione”, che fu ricopiato in molte parti dai decreti attuativi del Jobs act. “Lo ritengo un grave incidente di percorso – ha detto il vicepresidente con delega alle relazioni industriali -. Non è escluso che questo comportamento dell’azienda non venga portato all’attenzione del collegio dei probiviri”. Comportamento che per Stirpe si spiega con “la natura giuridica di Acea che ha un comune come azionista”, cosa che rende l’accordo, agli occhi degli industriali, “assolutamente una ingerenza indebita della politica”.
Le regole confindustriali prevedono che Unindustria Lazio – a cui Acea aderisce – potrà espellere l’azienda (eventualità che necessita di “gravi motivi”): secondo quanto fa trapelare Viale dell’Astronomia questa sarebbe l’intenzione (ma decide Unindustria). “Prendiamo atto che in Confindustria vige il pensiero unico”, spiega ironico il segretario della Filctem Cgil, Emilio Miceli. L’intesa di ieri non è l’unico precedente, ma preoccupa Confindustria per le sue dimensioni, visto che Acea ha oltre cinquemila dipendenti. “L’azienda ha dimostrato coraggio, ma non è la sola che si sta muovendo in questa direzione” ha spiegato la leader della Cgil, Susanna Camusso. A marzo scorso le sigle dei metalmeccanici hanno sottoscritto per Ducati e Lamborghini un accordo che smonta il Jobs act sugli stessi punti toccati dall’intesa di ieri. A maggio 2015 la Trelleborg di Tivoli ha assunto 70 persone con la garanzia dell’articolo 18. Anche in quell’occasione Stirpe minacciò sfracelli (“così va fuori dalla nostra associazione”) chiedendo addirittura l’intervento del governo: “Sancisca in maniera decisiva l’indisponibilità a livello contrattuale della normativa sui licenziamenti”.
Da tempo la Cgil, cerca di archiviare il Jobs act almeno negli accordi di secondo livello. Quello di ieri è il risultato più forte della strategia, centrato anche grazie a concessioni di peso: flessibilità su turni e orari, ma anche un sotto-inquadramento per i primi tre anni per i neoassunti (over 29, per gli under c’è l’apprendistato). A novembre scorso Acea ha varato un ambizioso piano industriale al 2022. Per centrarlo ha siglato un accordo sindacale che considera “fondato su innovativi criteri di organizzazione, con effetti qualificanti per i lavoratori”. E forse per questo verrà cacciata dall’associazione degli industriali.