Due mattine fa ero a L’aria che tira. Ho accettato unicamente perché, tra gli invitati, c’era Alessia Rotta. Assieme al salumaio della Rassinata e a Jimmy Il Fenomeno, è la mia statista di riferimento. Per distacco. Lei non è solo un politico: Lei è un faro nella notte. Lei è un “carro armato a vele spiegate”, per dirla con Spillo Altobelli, che però parlava non della Rotta ma dell’Inter. Per chi non lo sapesse, e in questo caso dovreste vergognarvi, Alessia Rotta è una politica di spicco del Partito democratico.
Deputata, è nata a Tregnago (Verona) nel 1975. Dopo una carriera indimenticabile come giornalista presso Telearena, si dedica per la gioia di tutti alla politica. Le sue credenziali indiscutibili le garantiscono l’attenzione di Renzi, che quando c’è da indebolire una classe dirigente non ha rivali. Il diversamente statista di Rignano, nel dicembre 2013, la vuole nella direzione nazionale del Pd. Nel settembre 2014, all’apice del renzismo, Renzi la nomina pure membro della segreteria nazionale del Pd “con delega alla comunicazione”. È un altro dei suoi atti masochistico-compulsivi. Infatti i risultati si rivelano subito straordinari: ogni volta che qualcuno del Pd parla in tivù, migliaia di elettori votano tutto tranne che il Pd. Negli anni ruggenti della Rotta le sconfitte pidine si susseguono, fino al meraviglioso golgota del 4 dicembre 2016.
Da allora la Rotta dirada le comparsate televisive, per poi essere ingiustamente defenestrata da Renzi, che la lascia sì dentro la direzione nazionale ma che la toglie dalla segreteria. E le sfila pure la mitologica delega alla comunicazione. Mannaggia. Per la Rotta comincia così un mesto pascolare televisivo. Fino a due mattine fa.
Sono in collegamento da Arezzo e non vedo l’ora che Lei parli. C’è grande attesa, un po’ come quando sta per comparire Antonio Socci in tivù. Però un po’ meno. Accanto a Lei, in studio, scorgo Roberto Arditti e Nicola Fratoianni. Anche loro sono emozionati: non capita a tutti di avere accanto la nuova Nilde Iotti. La Rotta prende la parola e picchia subito giù duro: “A fare la differenza, nella prossima campagna elettorale, sarà la serietà dei politici”.
Parole forti, e ancor più a caso. Daje Alessia. Che poi, se davvero la “serietà” fosse il discrimine politico, il primo a rimetterci sarebbe proprio il Pd: in un amen passerebbe dal 20% o poco più al meno 7%. Cosa c’è di meno serio di Renzi, delle sue promesse disattese, delle sue bugie a raffica? La puntata va avanti e mi danno la parola. Ricordo che, a voler essere neanche troppo cattivi ma giusto realisti, spedire l’ineffabile Boschi a Bolzano in un seggio blindato non è granché “serio”. Ora tocca alla Rotta replicare. Solo che Alessia non ha la battuta pronta. La vedo in difficoltà: come sempre, ma più di sempre.
Probabilmente la Boschi non la sopporta neanche lei e tutto vorrebbe, fuorché star lì a difendere in tivù una che i voti non li porta ma li toglie. Così, in un mirror climbing straziato e straziante, Alessia prova a dare a caso la colpa alla legge elettorale: una legge così odiata dal Pd da farla passare con 178 fiducie. Quindi, all’interno di un monologo così inefficace che in confronto Razzi è Abramo Lincoln, la Rotta arriva a dire: “Non è la nostra legge elettorale”. Così. Testuale.
Myrta Merlino tradisce un accenno di svenimento, Arditti si accartoccia sulla sedia, Fratoianni sbrocca come un Trotzkij giustamente livido. La Rotta però resiste: “Noi non la volevamo. La nostra legge era l’Italicum”. Che era pure peggio. Infatti era stata pensata (parola grossa) solo per la Camera, dando comicamente per scontato il “sì” del 4 dicembre. E infatti è stata bombardata dalla Consulta.
Mentre Fratoianni bestemmia ormai in aramaico, la Rotta asserisce che loro volevano il Mattarellum e che poi si erano pure spostati democraticamente verso una legge diversa, solo che quei sudicioni dei 5Stelle l’avevano affossata. Vorrei ricordarle che il Mattarellum non lo voleva il Pd, ma solo una parte minoritaria di esso. Vorrei aggiungere che a far saltare il Tedeschellum è stato il Pd, prendendo a pretesto un emendamento sul Trentino Alto Adige. E vorrei infine rimarcare che la nuova legge elettorale (empia a volerle bene) si chiama “Rosatellum”, e non “Fratoiannum” o “Scanzinellum”, perché l’ha partorita un altro insigne luminare del Pd.
Ma è tutto inutile, un po’ perché ci pensa già Trotzkij Fratoianni a sbugiardarla e un po’ perché parlare con Alessia Rotta è inutile di per sé: ontologicamente. Poveri renziani: non solo sono dentro una slavina elettorale che pare senza freni. E non solo sono la peggiore classe dirigente politica di sempre. Sono pure messi così male da doversi costantemente dissociare da loro stessi. Sia loro lieve il 4 marzo.