Tre milioni di euro. Rientrati in Italia dal Lussemburgo e segnalati dalla Banca d’Italia dopo le elezioni politiche. L’indagine della Procura di Genova sui conti della Lega si riapre all’improvviso: i pm hanno avviato una rogatoria internazionale per capire se il denaro sia stato movimentato da persone riferibili alla Lega e se si tratti di una fetta del tesoro del Carroccio: 48 milioni mai ritrovati. Tutto comincia pochi giorni dopo il 4 marzo quando la Banca d’Italia riceve un report da una fiduciaria del Lussemburgo. Viene segnalato un movimento di denaro giudicato sospetto dal Granducato all’Italia. Per la precisione, alla Sparkasse di Bolzano, uno degli snodi di questa vicenda. Negli ultimi tempi le autorità europee hanno compiuto un giro di vite sugli spostamenti di denaro di entità rilevante che passano per il Lussemburgo.
Il report della fiduciaria finisce sul tavolo dei funzionari di Bankitalia che, dopo averlo esaminato, lo trasmettono agli inquirenti genovesi. Quelli che stanno cercando di mettere le mani sul tesoro della Lega, i 48 milioni. Gli investigatori della Finanza e i pm Francesco Pinto e Paola Calleri presto si convincono che quei 3 milioni potrebbero essere “riferiti” ad attività di esponenti della Lega. Così l’inchiesta – finora non ci sono nomi sul registro degli indagati – che pareva destinata all’archiviazione riprende fiato. Certo, tengono a sottolineare qualificati ambienti investigativi, occorre assicurarsi che la segnalazione non sia una polpetta avvelenata: la Lega ha appena fatto il botto alle elezioni e qualcuno potrebbe cercare di bloccarla. Un’ipotesi che va comunque vagliata.
Tutto comincia il 26 luglio scorso quando il Tribunale di Genova condanna – in primo grado – Umberto Bossi (due anni e mezzo) e l’ex tesoriere Francesco Belsito (quattro anni e dieci mesi). L’accusa parla di truffa ai danni del Parlamento per i rimborsi elettorali. Ma i magistrati, cercando di recuperare il denaro, si rivolgono anche a Stefano Aldovisi, uno dei revisori contabili della Lega di Bossi. Aldovisi dovrebbe versare ben 40 milioni. Ma il commercialista, assistito dal legale milanese Stefano Goldstein, giura di aver lavorato gratuitamente e di non aver mai toccato quel denaro. Alla fine presenta un esposto, in cui fa riferimento ad alcuni articoli pubblicati nei mesi scorsi sul settimanale L’Espresso e che riguardavano proprio i conti della Lega. Il denaro in teoria dovrebbe essere versato dopo il terzo grado di giudizio, ma i pm chiedono di agire subito. E partono alla caccia. Soltanto 2 milioni vengono recuperati. Secondo i vertici della Lega il resto non ci sarebbe più: già speso per attività politiche.
Ma i pm Paola Calleri e Francesco Pinto decidono di ricostruire tutti i movimenti. Si imbattono in diversi conti correnti dove sarebbero stati depositati 19,8 milioni. Si tratta di Unicredit (la filiale vicentina) e Banca Aletti (la sede milanese). I denari da qui nel 2013 sarebbero stati trasferiti su due nuovi conti aperti presso la filiale milanese della bolzanina Sparkasse. A consigliare l’istituto altoatesino sarebbero stati Domenico Aiello, avvocato di fiducia di Roberto Maroni e allora presidente dell’Organismo di Vigilanza della banca, e il suo collega Gerhard Brandstatter, allora presidente della Fondazione Sparkasse, oggi presidente della banca (nessuno dei due, va sottolineato, risulta indagato).
Il conto, però, ha vita brevissima. Circostanza che ha indotto i pm ad approfondire. Secondo quanto ricostruì all’epoca Brandstatter, sarebbe stato aperto nel gennaio 2013 e avrebbe cessato l’operatività nel luglio successivo. Sette mesi. Aiello parlando con i cronisti spiegò: “Con Maroni segretario, il partito ha aperto un conto in Sparkasse che poi Salvini ha chiuso trasferendo il residuo in Banca Intesa nel 2014”. Ma perché tenere un conto per così poco tempo? “Erano in realtà due conti: un normale easy-business e uno per deposito titoli. Gli interessi offerti dalla banca erano del 2,5, poi calati all’1,9%. Alla Lega non bastava”, hanno raccontato nei mesi scorsi al Fatto fonti della banca. Insomma, il tesoro del Carroccio sembra essersi polverizzato. In attività politica, giurano i leghisti.
Qui l’indagine stava per fermarsi. Ma ecco che a marzo arriva la segnalazione che tre milioni dal Lussemburgo sono rientrati in Italia alla Sparkasse. Di per sé niente di illegale, sempre che dalle carte che i pm stanno acquisendo – anche con una rogatoria in Lussemburgo – non emerga che il denaro è quello del tesoretto oggetto dell’inchiesta sul sistema Belsito. E che, insomma, nella Lega qualcuno non abbia cercato di sottrarre alla giustizia il denaro che sarebbe provento di un reato. Di qui l’ipotesi di reato di riciclaggio (senza indagati finora). C’è poi da capire se il denaro sia transitato in Lussemburgo per investimenti finanziari. E di quale natura. La legge del 2012 infatti prevede che i partiti possano investire le loro risorse soltanto in titoli di Stato dei Paesi Ue.