“La misura è colma, se ne occuperanno i miei legali”. Era il 10 maggio 2017, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi annunciava guerra giudiziaria contro Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera. Nel suo libro Poteri forti (o quasi), De Bortoli aveva rivelato le pressioni della Boschi sull’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni per salvare la Popolare dell’Etruria, di cui Pier Luigi Boschi era vicepresidente. L’istituto è poi stato commissariato dalla Banca d’Italia nel febbraio 2015 e poi smantellato dal governo Renzi con un decreto nel novembre successivo.
La prima anticipazione del libro di De Bortoli esce sul giornale online Lettera43 la sera dell’8 maggio. Meno di 48 ore dopo, la Boschi ha già assoldato due importanti avvocati: la più nota penalista italiana, l’ex ministro Paola Severino, e il civilista Vincenzo Zeno-Zencovich.
Per la diffamazione a mezzo stampa – l’unico tipo di reato che la Boschi avrebbe potuto contestare a De Bortoli se questi avesse riportato circostanze infondate –, il termine è di tre mesi. Il conto parte da quando la presunta vittima viene a conoscenza della possibile diffamazione. Possiamo supporre che la Boschi abbia letto già l’8 maggio l’anticipazione di Lettera43, ma di sicuro il 10 era già ben informata tanto da aver già assunto due legali. Paola Severino, abituata da anni a lavorare con i potenti italiani della politica e dell’impresa, è molto cauta nel consigliare querele penali per diffamazione. Anzi, le sconsiglia sempre mentre suggerisce le azioni civili. Resta il fatto, però, che se la Boschi non avesse avuto alcuna intenzione di perseguire De Bortoli anche sul piano penale, avrebbe assoldato solo un civilista.
Resta in campo il professor Zeno-Zencovich, che non ha voluto rispondere al Fatto: per chiedere i danni in sede civile ci sono cinque anni. Ma per la Boschi il punto era soprattutto politico, non economico. E se avesse avuto gli argomenti per tutelare la propria reputazione, molto probabilmente avrebbe agito in tempi rapidi.
E invece nulla (come nulla ha fatto la ministra della Funzione pubblica Marianna Madia, nonostante le minacce, dopo gli articoli del Fatto sulle parti non originali della sua tesi di dottorato). Anche perché, dall’uscita del libro di De Bortoli, la posizione della Boschi è diventata sempre più fragile. Federico Ghizzoni non ha mai smentito le pressioni su Unicredit. Il Fatto ha ricostruito che la dirigente a cui è stato assegnato il fascicolo – probabilmente solo per non risultare scortese verso la ministra – era Marina Natale, nel 2015 responsabile delle strategie del gruppo e oggi alla guida della Sga, società che deve gestire i crediti in sofferenze delle due banche venete salvate dallo Stato. La Sga è tutta pubblica e fa capo al ministero del Tesoro di Pier Carlo Padoan, membro delle stesso governo cui appartiene la Boschi.
Sempre sul Fatto, poi, Giorgio Meletti ha rivelato che fin dall’inizio del suo mandato, la Boschi si occupava di Banca Etruria: nel marzo 2014, con il babbo Pier Luigi, ricevette nella sua casa di Laterina i vertici di Veneto Banca per discutere della vigilanza di Bankitalia. La Boschi non ha mai smentito quella ricostruzione. Ancora un anno dopo, il 3 febbraio 2015, si legge nelle carte dell’inchiesta su Veneto Banca, Pier Luigi Boschi dice al telefono all’allora ad dell’istituto di Montebelluna che “domani in serata se ne parla, io ne parlo con mia figlia, col presidente domani e ci si sente in serata”. Cioè di banche discute con Maria Elena e Renzi.
Per fortuna della Boschi, la commissione di inchiesta parlamentare sul credito sta partendo così a rilento che entro la fine della legislatura si farà in tempo – forse – soltanto a nominarne i membri e il presidente. Non certo a chiedere l’audizione di Ghizzoni. E se a novembre il Quirinale otterrà la riconferma di Ignazio Visco alla Banca d’Italia, quello sarà il segnale che tutti vogliono archiviare senza ulteriori polemiche la stagione più drammatica del settore creditizio italiano. Intanto, però, resta che il round della querela penale De Bortoli l’ha vinto e la Boschi l’ha perso.