Difficile trasformare in un test nazionale le elezioni nella regione più piccola e particolare d’Italia. Ma dopodomani, domenica 20 maggio, si vota in Valle d’Aosta e sarà inevitabile guardare alla Vallée per provare a trarne indicazioni sull’aria che tira nel Paese. Le domande saranno: i Cinquestelle calano? La Lega cresce? E il Pd? Ma qui le specificità locali davvero prevalgono. E la platea elettorale è proprio piccola: solo 135 mila abitanti. Presidente uscente è Laurent Viérin, leader dell’Uvp (la Union valdotaine progressiste) che aveva vinto cinque anni fa alla guida di una coalizione di centrosinistra con l’Uv (l’Union Valdotaine) e il Pd. Il sistema elettorale è proporzionale, con uno sbarramento al 5 per cento e un premio di maggioranza per chi (lista o coalizione) raggiunge il 42 per cento: ottiene 21 consiglieri sui 35 del Consiglio regionale.
Ma questa volta, liberi tutti: nessuna coalizione, i partiti si presentano tutti senza alleanze. Sarà proporzionale purissimo. Una gara tra dieci partiti. Una metà li conosciamo anche nel resto d’Italia: Movimento 5 stelle, Pd, Forza Italia, Lega, Impegno civico (cioè Leu alla valdostana). Gli altri sono movimenti locali: Stella Alpina (erede della Dc) e l’eternamente governativa Union Valdotaine, che nel suo statuto proclama di voler promuovere “lo sviluppo del carattere etnico e linguistico del popolo valdostano”, qualunque cosa voglia dire. Poi ci sono le cinquanta sfumature di Union Valdotaine, ossia i movimenti nati dalle sue molte scissioni: Alpe, Union valdotaine progressiste, Mouv.
Nell’attuale Consiglio regionale hanno la maggioranza Uv (13 consiglieri), Uvp (7) e Pd (3). All’opposizione, Stella Alpina (5 consiglieri), Alpe (5), M5S (2). La scorsa tornata elettorale, Forza Italia e Lega sono rimaste fuori dal Consiglio. Che cosa succederà questa volta? Intanto i due consiglieri Cinquestelle sono stati espulsi dal Movimento e sono confluiti nel Mouv. Ma il movimento fondato da Beppe Grillo domenica ha grandi speranze, perché alle elezioni politiche del 4 marzo è riuscito a far eleggere alla Camera, da solo, Elisa Tripodi con il 24,1 per cento, battendo per la prima volta il centrosinistra coalizzato (“Tradition et Progres”, cioè Uv, Uvp e Pd, che si è fermato al 21,7) e il centro autonomista (Alpe e Stella Alpina al 18,2). La Lega ha avuto un buon risultato, per la Valle d’Aosta (17,7 per cento), mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia, insieme, hanno portato a casa soltanto l’8,3.
Al Senato invece la coalizione “Tradition et Progres” ha rieletto Albert Laniece, senatore uscente, con il 25,7 per cento, due punti sopra il Cinquestelle Luciano Mosso (23,2 per cento).
Domenica prossima sarà un’altra partita. I movimenti locali potrebbero pesare più dei partiti nazionali e il M5S perdere voti rispetto al 4 marzo. Ci sarà anche un nuovo sistema di conteggio dei voti, con lo spoglio non nei seggi ma in quattro centri di conteggio (Aosta, Alta Valle-St Pierre, Media Valle-Fènis, Bassa Valle-Verres) dove le schede saranno trasportate sotto scorta. Ci sono preoccupazioni e proteste ricorrenti a proposito della segretezza del voto, molto identificabile nei piccoli paesi grazie alle diverse combinazioni possibili dei tre voti di preferenza che si possono assegnare. Sei mesi fa, è stata la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi, in trasferta ad Aosta, a chiedersi come mai in Valle non siano mai state aperte indagini sul voto di scambio. “Dichiarazioni improvvide”, le aveva risposto il sindaco Pd della città, Fulvio Centoz.
Eppure le indagini giudiziarie incombono sulla Valle che racconta se stessa come pura e incontaminata. I comitati d’affari pesano. È finito agli arresti perfino il primo magistrato di Aosta, il procuratore facente funzioni Pasquale Longarini, accusato di aver abusato della toga e di aver preteso da un suo indagato, Sergio Barathier, titolare dell’albergo Royal e Golf di Courmayeur, che comprasse merce da un suo amico, Gerardo Cuomo, imprenditore del Caseificio valdostano.
Pesa anche la crisi della grande impresa della Valle, il Casinò di St Vincent, da sempre usata dai politici come serbatoio di occupazione, privilegi e consenso. Il passivo è pesantissimo e la Corte dei conti ha sequestrato in via cautelativa stipendi e beni personali di 20 consiglieri regionali uscenti, accusati di aver investito 150 milioni di denaro pubblico nel Casinò, senza valide ragioni economiche e di mercato (ne parliamo più diffusamente nell’articolo nel basso pagina). Domenica, rien ne va plus, il voto.