Milano

Luca Lucci tra violenza cieca, spaccio e legami con la criminalità: chi è l’ultrà amico di Salvini

Il ministro e la curva sud - Il capotifoso che il ministro salutava affettuosamente è stato condannato per droga e per il pestaggio di un interista che perse un occhio

18 Dicembre 2018

Ripartiamo da qua, dall’abbraccio tra il vicepremier Matteo Salvini e Luca Lucci, detto il Toro, capo della Curva sud del Milan. Domenica pomeriggio, all’Arena Gianni Brera, si celebrano i 50 anni di una delle curve storiche del tifo italiano. Ci sono tutti, capi ed ex capi, semplici tifosi, c’è anche il ministro dell’Interno che senza problemi stringe e abbraccia Lucci, spacciatore di droga così come da condanna (patteggiamento) in primo grado. Ultima ma non unica. Alle spalle il Toro ha quattro anni per l’aggressione a un tifoso dell’Inter durante il derby del 2009. Aggressione non da poco. Virgilio Motta, all’epoca vera anima del gruppo nerazzurro Banda Bagaj, per quel pugno perderà l’uso dell’occhio sinistro. Tre anni dopo, era il 2012, si suiciderà.

Droga e violenza avrebbero dovuto consigliare al ministro di non stringere così tante mani domenica all’Arena. Ministro che non fa mistero della sua fede rossonera (e ci mancherebbe) e nemmeno di aver frequentato la Sud. In quel processo Lucci e gli altri cinque imputati furono condannati anche a risarcire Motta con 140 mila euro. Subito dopo la condanna in aula la moglie del Toro urlò: “I 140 mila euro te li devi spendere tutti in medicinali, maledetto infame”. Quei soldi, anche se in ritardo, arriveranno.

Il 15 febbraio 2009 allo stadio Giuseppe Meazza va in scena l’incredibile. Dalla Sud si srotola la coreografia d’ordinanza. Lo striscione è però troppo lungo, va a finire al primo anello blu impedendo la visuale ai tifosi nerazzurri. Qualcuno, non la Banda Bagaj che sta invece in basso verso il campo, strappa quel telo di plastica. È la miccia, gli ultras rossoneri decidono di risolvere la questione. Scenderanno in un bel gruppo, cinghie in mano, orologi usati come tira pugni, volti coperti. L’obiettivo è lo striscione della Banda. A dividerli nessuno, solo pochi impacciati steward. Il racconto di vittime e testimoni è tremendo. A parlare in aula è lo stesso Virgilio. In quel momento sta proteggendo lo striscione. Spiega: “Arrivano ancora una serie di pugni, finché compare una mano. Il tizio proprietario della mano non era davanti a me. Il pugno era anomalo, un dolore fortissimo. Dolore tremendo, tolgo la mano e guardo, trovo sangue, trovo molte lacrime, sostanza gelatinosa e una lenticchia gelatinosa”. Spiegherà il dottor Maurizio Buscemi: “La lesione all’occhio è tragica, l’occhio potrebbe cedere, riaprirsi laddove è stato suturato, e riportare conseguenze ancora più gravi”. Nei giorni successivi un altro regolamento di conti ai danni di un noto personaggio della curva dell’Inter fa vacillare la pax che dura da anni tra le due tifoserie. Questo accade nel 2009. Sia chiaro per quei fatti Lucci ha scontato la sua pena. Pochi mesi dopo il suicidio di Motta, il 23 ottobre 2012 su internet compare uno scritto dal titolo: “L’indimenticabile storia dimenticata di Virgilio Motta”.

Si riassume l’accaduto con passaggi critici anche nei confronti delle istituzioni. A commento un post firmato con nome e cognome della figlia di Motta. Che lo abbia scritto lei non è dato saperlo. Si legge: “Ho quasi 13 anni, e quando mio padre morì ne avevo 9. Ero ancora piccola per la verità, non che mia madre non me l’avesse raccontata, ma faticavo a capire davvero il senso di tutto ciò (…). Mio papà non se n’è andato invano, ma se n’è andato per dimostrare a tutti che questo paese può essere bello quanto volete ma quando ne hai davvero bisogno non è quasi mai presente. Ci sarò sempre per ricordarlo”. Secondo i giudici di Milano, non il suicidio, ma l’aggressione fu colpa esclusiva di Luca Lucci. Eppure Salvini tira dritto e liquida le critiche con questa frase: “Io indagato tra gli indagati”. Sarebbe stato meglio dire “tra i condannati”. E se domenica il ministro stringeva la mano dello spacciatore, ieri ha festeggiato l’arresto dei pusher davanti alle scuole.

E torniamo alla festa con ex campioni e tifosi vip. C’è Lucci che oltre all’episodio di Virgilio e dello spaccio altri precedenti non ha, se non un buon elenco di Daspo per fatti da stadio. La droga, dunque. L’inchiesta del commissariato Centro diretto dal dottor Ivo Morelli ricuce una bella rete di spaccio. Tra gli arrestati anche il Toro, che, si legge nelle carte, utilizza gli spazi del Clan (sede storica della Curva a Sesto San Giovanni) per chiudere i suoi affari criminali. Gli investigatori filmano tutto. Immortalano così anche la presenza di Daniele Cataldo (non indagato), altra anima nera della Curva, finito in galera perché trovato con armi pesanti e droga nel suo box sempre a Sesto San Giovanni. Compare alla festa, in prima fila sul palco, Giancarlo Lombardi, detto Sandokan, regista delle dinamiche curvaiole, già in contatto con Loris Grancini, capo dei Viking della Juve oggi in carcere con pena definitiva a 13 anni per tentato omicidio. Lombardi è il grande burattinaio che nel 2006, dopo lo scioglimento della Fossa dei leoni si è preso la Curva, il secondo anello e poi il primo, scalzando personaggi storici collegati ad ambienti criminali di peso. Con Lucci oggi condivide interessi extra stadio legati alla movida. Lombardi, già condannato per una tentata estorsione al Milan, finirà in un’inchiesta per riciclaggio collegata al clan siciliano di Fidanzati.

Storia lunga quella della Sud. Oggi poi si registra c’è un nuovo gruppo, i Black Devils (non presenti alla festa), tra i cui membri ci sono persone molto vicine alla ’ndrangheta lombarda. Insomma, un bel gruppo di “amici” per l’attuale capo del Viminale che sorride e riceve pacche sulle spalle.

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